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Editoriale Guingamp
Pubblicato il
14 novembre 2024 12:11
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“Ho rivisto Gaël, avevo le farfalle nello stomaco, mi vergogno di amarlo ancora, ha ucciso mio figlio.”
Queste sono le parole pronunciate da Lisa D., in una lettera inviata ad un’amica, nel maggio 2023.
Questo inizio di settimana è segnato dalle udienze in tribunale dei due imputati, ai quali viene chiesto di spiegare i fatti.
Pochissimi ricordi per entrambi
Lisa D. ricorda di essersi alzata intorno alle 17 quel sabato, per andare nella stanza di suo figlio a prendere un gattino.
Crede di ricordare il trasloco di Eythan, perché gli ha detto: “Non è niente, è la mamma”.
Secondo le testimonianze, è stata vista nel parcheggio del suo palazzo a fine pomeriggio, piangere, poi ha mangiato McDonald’s a casa con il suo compagno. Lei non lo ricorda.
Il suo compagno le dice, quando si alza, che il piccolo è stato infernale, ingestibile. Che lo ha messo a letto con il biberon, ma il bambino non ha voluto la torta.
Gaël Scoubart poi va a fare shopping. Questo elemento è apparso nel procedimento solo al momento del confronto, nel 2023.
Non ricorda invece di aver visto lividi sulla testa del ragazzo, anche se lo ha dichiarato più volte nel corso delle indagini.
Perdita di autocontrollo
Eythan non voleva fare i bisogni alla fine del pomeriggio. Gaël Scoubart ha perso la calma e lo ha spinto sul piatto. Il bambino si è alzato e ha urinato sul pavimento, poi avrebbe sbattuto la testa contro il muro e si sarebbe gettato a terra.
Il suocero lo afferrò per un braccio e lo gettò sul letto, diceva sempre così. Oggi minimizza il suo gesto e ammette di averlo preso per un braccio, ma anzi di «lasciarlo cadere sul letto. »
La coppia trascorre la giornata dormendo
La mattina dopo, Gaël Scoubart si alzò verso le 11.00. Va nella stanza del bambino e lo sente respirare. Quindi torna a letto e si alza di nuovo, poco prima delle 16:30 Ritorna nella stanza del bambino, scatta una fotografia a un gattino sdraiato su un giocattolo.
La macabra scoperta
Poi si rivolge nuovamente al bambino. Anche in questo caso le sue dichiarazioni si sono evolute. Durante l’indagine ha potuto dire di aver toccato la spalla di Eythan, di averlo girato verso di lui. Si accorge della presenza di lividi sulla sua testa, Eythan ha freddo, è morto.
Oggi, sul banco degli imputati, nonostante le domande del maestro Bertrand Faure del foro di Saint-Brieuc, avvocato delle parti civili, l’imputato non ripete queste ultime parole, dichiara: “Sono rimasto sbalordito, pietrificato. Eythan era sdraiato a pancia in giù, con la testa rivolta al muro, la solita posizione quando dorme. Non può dire “È morto”.
Discussioni più volte alla settimana
L’imputato accenna poi ai frequenti litigi tra i coniugi. L’argomento è regolarmente legato all’educazione del ragazzino. L’imputato ha appena saputo che la scuola è obbligatoria a tre anni e per lui alcune cose sono urgenti, come imparare ad usare il vasino.
Questo punto sembra essergli particolarmente a cuore. La coppia però è “sulla stessa lunghezza d’onda” per certe cose, come il fatto che Eythan potesse trascorrere intere giornate da solo nella sua stanza, a giocare, a guardare cartoni animati, senza chiamare nessuno.
Il ragazzino si era convinto di non poter contare su molte persone?
Consumo significativo di cannabis
Il consumo di cannabis della coppia è significativo, pari a 20 euro al giorno. Per giustificare la cifra spesa per l’acquisto di questo prodotto in rapporto al suo magro reddito, Lisa D. dichiara: “Abbiamo comprato su crome” (acquisto a credito per i rivenditori).
Lisa D. è depressa da molti anni, con “alti e bassi”. Si stava già spaventando al college. «Sembra che si sia “dimessa” dagli obblighi relativi all’educazione del figlio e al mantenimento della casa.
Una testimonianza afferma che era semplicemente pigra. Trascorreva il tempo nella sua stanza al telefono e fumando.
Un giurato pone una domanda all’imputato: “La sera avresti rimboccato le coperte a tuo figlio e gli avresti dato un bacio per la notte? »
La risposta è tanto sorprendente quanto laconica: “No”.
Lisa D. si arrabbia alle domande degli avvocati del suo coimputato
I due avvocati, Maître Thomas Jourdain-Demars e Maître Klit Delilaj, del foro di Rennes, interrogano a turno l’imputato.
L’obiettivo sembra chiaro, mettere in dubbio la colpevolezza del loro cliente.
Sentendosi attaccato, il comportamento dell’imputato cambia. Dopo essere rimasta calma fin dall’inizio dei dibattiti, appare aggressiva e brusca nelle sue risposte.
Le dichiarazioni dell’imputato evolvono regolarmente
Il maître Françoise Le Goardet-Prigent del foro di Saint-Brieuc, che difende l’accusato, interroga a sua volta Gaël Scoubart.
Lei lo mette di fronte alle varie e numerose contraddizioni presenti nelle sue dichiarazioni, sia nel corso del procedimento che dopo l’apertura del dibattimento davanti alla Corte d’Assise.
La persona ha finito per dichiarare: “Pensavo di essere io finché non ho visto i risultati dell’autopsia”.
Il suo consiglio continua il suo ragionamento, indicando che non è spingendo un bambino sul vasino o sul letto che possiamo provocare tali lividi.
Tre periti, psicologi e psichiatra presenti davanti alla Corte
È stato lo stesso esperto psichiatra a esaminare i due imputati. Secondo le sue conclusioni, queste due persone non soffrono di alcun disturbo che abbia abolito o alterato il loro discernimento al momento dei fatti.
Questo professionista ha tuttavia constatato in Gaël Scoubart un comportamento distaccato sul piano emotivo nei confronti della morte di un bambino.
Per quanto riguarda l’esame psicologico di quest’ultimo, esso è stato effettuato da una commissione composta da due psicologi, avendo constatato che all’inizio del colloquio con l’imputato, egli aveva adottato una posizione difensiva, poiché era già a conoscenza del suo fascicolo. Precisano che ha ammesso loro che a volte poteva sentirsi sopraffatto dalla situazione di convivenza con Lisa D.
SK
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