INIZIO SFRUTTAMENTO DEL PETROLIO IN SENEGAL: L’oro nero deve farsi sentire nella vita quotidiana delle popolazioni

INIZIO SFRUTTAMENTO DEL PETROLIO IN SENEGAL: L’oro nero deve farsi sentire nella vita quotidiana delle popolazioni
INIZIO SFRUTTAMENTO DEL PETROLIO IN SENEGAL: L’oro nero deve farsi sentire nella vita quotidiana delle popolazioni
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Il Senegal è diventato ufficialmente, dall’11 giugno 2024, un Paese produttore di petrolio. L’informazione, attesa da diversi anni, è stata fornita dalla società Woodside che gestirà il giacimento offshore Sangomar situato al largo di Dakar. Questo giacimento, va ricordato, contiene petrolio e gas e dovrebbe, secondo le stime, produrre dai 100.000 ai 125.000 barili al giorno. Si tratta quindi di una vera manna finanziaria per il governo senegalese che avrà a disposizione diversi miliardi di dollari in un periodo di circa 30 anni per attuare programmi di sviluppo. Si prevede che questo guadagno aumenterà nella misura in cui questo primo sfruttamento del petrolio precederà l’entrata in produzione, nei prossimi mesi, di un altro grande progetto di produzione di gas naturale, quasi 2,5 milioni di gas naturale liquefatto all’anno, questa volta, situato sul confine con la Mauritania. Ciò dimostra che i segnali sono verdi per l’economia senegalese che dovrebbe registrare l’arrivo di nuovi investitori grazie alle nuove opportunità offerte dal paese con il suo nuovo status.

Il petrolio è sempre stato oggetto di contrabbando che finisce per ledere gli interessi dei paesi produttori

E ciò è particolarmente importante per un Paese la cui crescita ha subito un rallentamento negli ultimi anni a causa del complesso contesto caratterizzato da forti pressioni inflazionistiche, dall’aumento dei prezzi mondiali dei prodotti di base, da un regime piovoso sfavorevole, dalle ripercussioni della guerra in Ucraina e dall’estrema contesto politico teso. Con la produzione petrolifera, si prevede che la crescita riprenda e acceleri fino a raggiungere il 9,8% e che il deficit di bilancio migliori, passando dal 5,8% al 4,5%. Il meno che si possa dire è che questo miglioramento economico che si profila all’orizzonte costituisce, per la nuova dirigenza del Senegal, un vero trampolino di lancio. Ma ciò costituisce, allo stesso tempo, una sfida per Diomaye Faye che non potrà più addurre l’argomento della mancanza di risorse per soddisfare i bisogni delle popolazioni. E Dio solo sa se in Senegal ci sono bisogni. Nonostante la stabilità politica, infatti, il Senegal registra un tasso di disoccupazione stimato al 20% mentre il tasso di povertà complessivo è stimato intorno al 37,5%. Bisogna addirittura temere che l’avvio della produzione di idrocarburi in Senegal possa davvero aprire il vaso di Pandora con il risveglio dei sindacati che potrebbe moltiplicare le rivendicazioni sociali. Ed è proprio questa prospettiva che appare come una nuvola nel cielo azzurro del paese di Teranga. Questa preoccupazione è tanto più grande perché in Africa persiste ancora la maledizione della ricchezza mineraria. Sappiamo, infatti, che la grande maggioranza dei Paesi africani di comprovata ricchezza del sottosuolo sono preda di violenze che, in definitiva, ne impediscono lo sfruttamento a vantaggio delle popolazioni. Gli esempi sono innumerevoli e possiamo prendere, a titolo esemplificativo, il caso emblematico della Repubblica Democratica del Congo (RDC) e, più vicino a noi, quello del Ciad.

Il Senegal ha soddisfatto tutte le condizioni per entrare nella classe dei paesi emergenti

E questo dovrebbe quindi costituire un punto di vigilanza per la coppia Diomaye Faye-Ousmane Sonko che deve agire affinché la manna petrolifera non divida i senegalesi al punto da mettere in discussione la leggendaria stabilità del paese. Ma è ancora necessario che i contratti con le grandi imprese internazionali che garantiscono lo sfruttamento delle riserve petrolifere del Senegal siano stati ben negoziati affinché il paese possa trarre tutti i dividendi per soddisfare i suoi bisogni che, senza dubbio, conosceranno un’esplosione esponenziale. Ma ci penserà sicuramente il presidente Diomaye; lui che ha già promesso di rinegoziare i vari contratti in campo. Detto questo, tutto il male che possiamo augurargli è che abbia piena libertà di farlo, nell’interesse dei senegalesi. Sappiamo, infatti, che nell’ambiente regna la corruzione e nessuna battaglia è vinta in anticipo. Nella stessa dinamica, inoltre, l’esecutivo senegalese dovrebbe assumere un ruolo guida nella creazione di un sistema di monitoraggio e controllo della produzione petrolifera, parte della quale è destinata all’esportazione. Sappiamo, infatti, che il petrolio è sempre stato oggetto di un contrabbando che finisce per ledere gli interessi dei Paesi produttori. Il caso della Nigeria è lì a ricordarcelo. Inoltre, l’altro punto di vigilanza per il Paese deve essere l’ambiente. Sappiamo che lo sfruttamento del petrolio non è privo di conseguenze per l’ambiente e ciò è particolarmente preoccupante per il Senegal, la cui produzione offshore potrebbe costituire una vera minaccia per l’oceano da cui il Paese trae anche importanti risorse ittiche fornendone gran parte lavoro la popolazione. È quindi necessario lavorare a monte affinché l’El Dorado petrolifero non si trasformi in un disastro ecologico per un Paese che già soffre il suo clima a causa delle scarse precipitazioni. In attesa di vedere come tutto questo si concretizzerà nei giorni e nei mesi a venire, possiamo dire che il Senegal ha tutte le condizioni per entrare nella classe dei paesi emergenti. Diomaye Faye e Ousmane Sonko dovrebbero fare tutto il possibile per non perdere questo incontro con la Storia.

” Paese ”

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