“La mia eroina è tutta donna”: l'emozione di Kamel Daoud, Premio Goncourt

“La mia eroina è tutta donna”: l'emozione di Kamel Daoud, Premio Goncourt
“La mia eroina è tutta donna”: l'emozione di Kamel Daoud, Premio Goncourt
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Il pronostico è stato fatto lunedì mattina nei saloni del ristorante Drouant, vicino all'Opera, a Parigi, dove è stato assegnato il premio Goncourt. Non sorprende quindi che, alle 12:48, il nome di Kamel Daoud sia stato pronunciato dall'alto dello scalone d'onore. Ha realizzato, con “Houris”, un affresco magistrale sull'Algeria, e ha vinto, al primo turno di votazioni, il premio letterario più prestigioso. Gaël Faye, anch'egli favorito, è stato più applaudito quando ha annunciato il premio Renaudot.

Venti minuti dopo, Kamel Daoud, il suo redattore e sua moglie attraversano, sotto il sole, la folla di telecamere e giornalisti, e salgono di sopra, nel piccolo salone Goncourt, boscoso, angusto, dove si trovano i dieci accademici che hanno appena votato. Tahar Ben Jelloun lo abbraccia, Philippe Claudel, il presidente, lo porta alla finestra, per la tradizionale foto all'attenzione della stampa restando al piano di sotto, Pierre Assouline ci porge il menu: quiche Lorraine e caviale, tradizionale banco dello sgusciaio e la sua l'aragosta (bretone, ovviamente), seguita dalla sogliola, dal ritorno dalla caccia con il suo pasticcio di pernice, dal formaggio e da un assortimento di dessert (baba, choux, crema di chiboust, ecc.). «È la prima volta che esiste un menu Goncourt che rende omaggio a tutta la tradizione del premio, che ci accompagna da 110 anni» sottolinea James Ney, il giovane direttore del famoso indirizzo parigino, reclutato nel 2019 per ridare lustro a questo ristorante ormai obsoleto, che oggi risplende.

“Per scrivere ci vuole un tavolo, una sedia, un paese”

Tra due abbracci, Kamel Daoud, commosso, si lascia scappare qualche parola: “Abbiamo sempre bisogno di tre cose per scrivere: un tavolo, una sedia, un paese, e io le ho tutte e tre”, spiega l'oranese. “Houris” si concentra sul “decennio nero”, la guerra civile degli anni ’90 in Algeria. “Ci vuole tempo, parole, distanza per parlarne e, mi piace questa parola, resilienza. La mia eroina, Aube, è tutta donna, compresa quella che si è spogliata ieri in Iran. »

Al suo fianco, la moglie si rifiuta di rilasciare dichiarazioni ma parla di gioia oggi, dopo settimane di stress. Una nuova vita, certamente, attende lo scrittore, arrivato in Francia all'età di 26 anni. “Sono felice di scrivere, dà senso e speranza a tanti. La vita è bella, è un labirinto luminoso e noi siamo qui per festeggiare”, conclude l’autore, mentre le porte del soggiorno si chiudono.

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