La realizzazione di Donald Trump

La realizzazione di Donald Trump
La realizzazione di Donald Trump
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Quando furono annunciati i titoli che avrebbero gareggiato a Cannes quest’anno, ad alcuni piaceva Megalopolila sfida di Francis Ford Coppola, Emilia Perezil thriller musicale di Jacques Audiard, e La sostanza, l’allegoria horrifico-femminista di Coralie Fargeat, ha subito destato curiosità. A questo elenco è stato aggiunto L’apprendista, un dramma biografico che ripercorre gli inizi e l’ascesa di Donald Trump negli anni ’70 e ’80. Più che una semplice scommessa sulfurea, il film di Ali Abbasi offre brillanti – e inquietanti – giochi di specchi tra questo passato rivisitato e gli eventi degli ultimi anni.

Irriconoscibile nel ruolo di Trump ventenne, trentenne e poi quarantenne, Sebastian Stan offre una performance estremamente ben modulata. Rivelato come Bucky Barnes (aka il Soldato d’Inverno) nei blockbuster Marvel, Stan ha sorpreso, favorevolmente, nella satira Io, Tonya (Io, Tonya), nel ruolo dello smidollato fidanzato della pattinatrice caduta Tonya Harding, così come nella serie stridente Pam e Tonynel ruolo del musicista Tommy Lee (con un fallo parlante).

Con L’apprendistala star, che avrebbe potuto facilmente limitarsi a ruoli da protagonista simpatici contando sul suo fisico, è invece in procinto di forgiare una carriera molto interessante come attore-camaleonte.

A proposito, Sebastian Stan è in buona compagnia con Jeremy Strong (la popolare serie Successione), sorprendentemente perfetto nel ruolo del famigerato avvocato Roy Cohn, che all’inizio prese sotto la sua protezione il giovane Donald Trump.

Da questo rapporto determinante, L’apprendista propone l’antitesi del mito di Pigmalione e Galatea (che tra l’altro ispirò La mia bella signora). In quanto il mentore adorante è senza scrupoli, e lo studente, divorato dall’ambizione. In questo film “basato sui fatti, ma con alcuni fatti romanzati e alcuni nomi cambiati”, Cohn insegna a Trump come essere un prepotente e un imbroglione.

Quando sentiamo l’avvocato più temuto degli Stati Uniti enumerare le tre regole del suo successo, capiamo molte cose: “Attaccare, attaccare, attaccare. Non ammettere nulla. Non ammettere mai la sconfitta”. E per chiarire ulteriormente: “Devi definire la tua realtà”.

Suona qualche campanello?

Il peggior potenziale

Da inizialmente quasi comprensivo, il protagonista sviluppa gradualmente il suo “peggiore potenziale”. Sullo sfondo televisivo: il presidente Richard Nixon, che giura di non essere un truffatore (“ Non sono un truffatore! ), e Ronald Reagan, con il suo capitalismo selvaggio… O quando il passato è purtroppo garante del futuro?

Oltre ad essere pieno di paralleli abbastanza inquietanti tra ieri e oggi, il film beneficia di una struttura ingegnosa.

Infatti, la sceneggiatura scritta da Gabriel Sherman (il giovane e brillante autore dell’opera La voce più forte nella stanza: come il brillante e ampolloso Roger Ailes ha costruito Fox News e ha diviso un paese) utilizza i principali progetti immobiliari di Trump come pietre miliari della narrazione, dall’hotel Hyatt Grand Central, al Trump Taj Mahal Casino, alla Trump Tower, con un gancio verso la fine a Mar-a-Lago.

Dalle alleanze ai tradimenti, dal riconoscimento all’ingratitudine, Donald Trump, come i suoi edifici emblematici, viene costruito davanti ai nostri occhi, affascinati e sconvolti. E non è forse questa, in definitiva, un’altra delle chiavi del suo terrificante successo?

Come se fossimo lì

Dal punto di vista tecnico, L’apprendista è il terzo film in concorso, dopo Oh, il Canadadi Paul Schrader, e Limonov, la ballata, di Kirill Serebrennikov, per evocare il passato combinando un rapporto di immagine di 1,33:1 e texture visive datate. Questo pregiudizio tecnico funziona, soprattutto perché qui Ali Abbasi segue il granuloso 16mm degli anni ’70 degli anni ’80 filtrato in modo tale da imitare l’aspetto di un video VHS.

È come se fossero stati ritrovati archivi audiovisivi, e quindi è come se fossimo lì. Di per sé, questa falsa autenticità sembra commentare nozioni trumpiane come fatti alternativi e post-verità.

A un certo punto, un Roy Cohn in declino avverte il sindaco di New York, che ancora non sa nemmeno di essere, che Donald Trump “non si fermerà finché non avrà ottenuto ciò che vuole”. Alla fine del film, queste parole tornano a perseguitarci. Perché se c’è una cosa che lo dimostra L’apprendistaecco quanto è inarrestabile questo “personaggio che diventa realtà”.

François Lévesque è a Cannes su invito del festival e grazie al sostegno di Telefilm Canada.

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