Potremmo smettere di chiamare il cristianesimo di destra?

Potremmo smettere di chiamare il cristianesimo di destra?
Potremmo smettere di chiamare il cristianesimo di destra?
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In questo primo quarto del XXI secolo, come ha ben dimostrato Yann Raison du Cleuziou, la frangia più identitaria e reazionaria del cattolicesimo è ancora una volta la più visibile, la più rumorosa, la più famigerata. Al punto da rendere invisibile la parte più sfumata e sociale, ancora importante ma invecchiata, di questi cattolici che equiparano ogni voto di estrema destra a un peccato mortale.

C’è certamente un ritorno vigoroso, tra i giovani altamente politicizzati, di un cristianesimo che si afferma a sinistra, anticapitalista ed ecologista (i gruppi di Dorothy, Simone, il collettivo Anastasis, ecc.), ma ha la decenza di essere meno sfacciatamente moderno del suo equivalente di destra, che fa pieno uso delle armi comunicative di un mondo che dovrebbe odiare: programmi televisivi, battute finali, tweet traboccanti di autocompiacimento e caricature. Molto più intellettuale, oggi riguarda molte meno persone.

Rileggere il Vangelo

Le ultime elezioni nazionali hanno anche dimostrato che una quota crescente di cattolici vota ora per la destra più dura, cosa impensabile per decenni. Una certa destra che pretende fino a gridare ai “valori” e ad una civiltà che tende a scomparire è riuscita a iscrivere in una coscienza collettiva scristianizzata che il cattolicesimo era intrinsecamente di destra.

Ma potremmo riaprire il Vangelo? La classe dirigente cattolica ha calpestato così bene i “valori” del cristianesimo che è passato molto tempo dall’ultima volta che ha perso il mondo del lavoro. Péguy, in La nostra gioventù (1910), scrisse questa frase oggi ripresa da tutti i cronisti di Francia e Navarra: “Devi sempre dire quello che vedi. Soprattutto dobbiamo sempre, il che è più difficile, vedere ciò che vediamo. »

Potrebbe essere interessante, onorevoli editorialisti di destra, collocare la frase nel suo contesto: quello del caso Dreyfus e dell’odio verso il “partito ebraico”. Perché mentre Péguy metteva il suo genio nella lotta contro il recupero politico del dreyfusismo da parte di Jaurès, lo denunciava anche contro l’intera destra conservatrice francese, il suo odio per lo straniero, per la metique. Contro i suoi “valori” borghesi, intrinsecamente contrari al cristianesimo (cfr. Signor Laudet1911).

Cristo ha mandato in frantumi il conservatorismo sclerotico

E questa destra che crede di citare Péguy così opportunamente per giustificare il suo punto di vista potrebbe meditare su una formula, ripresa anche da La nostra gioventùda cui cita sicuramente solo ciò che le fa comodo: «È incontestabile che in tutto il nostro socialismo stesso c’era infinitamente più cristianesimo che in tutta la Madeleine insieme a Saint-Pierre de Chaillot, e Saint-Philippe du Roule e Saint-Honoré d’Eylau. » Mentre alcuni oggi vorrebbero (discutibilmente) fare di Cristo un marxista, è almeno altrettanto incongruo renderlo un capitalista o un reazionario.

Cristo è morto per aver infranto il conservatorismo sclerotico di una classe dominante, l’attaccamento disperato a un ordine borghese, a una civiltà materiale orgogliosa di sé. Fiero araldo del cattolicesimo civilizzato, Maurras è forse lo scrittore meno cristiano che la Francia abbia conosciuto. Se certamente i cattolici praticanti sono tra gli ultimi occidentali, insieme agli ebrei e ai musulmani, a denunciare l’immane tragedia delle norme giuridiche che banalizzano gli attacchi oggettivi alla vita umana (aborto o eutanasia) – che per certi ottusi li rendono attivisti di fatto della dura Esatto – è importante collocare tali posizioni, oggi incomprese, in un insieme così inequivocabile, così coerente, così ripetuto da Gesù: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto questo a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. »

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