Il 26 settembre 2024, il prezzo del burro sui mercati all’ingrosso ha raggiunto livelli record, tranne nel 2017, quando una carenza di burro ha causato un’impennata dei prezzi. Una tonnellata di burro nell’Unione Europea è stata venduta a quasi 8.200 euro a fine settembre, il doppio del suo prezzo rispetto all’inizio dell’anno scolastico 2023 e un aumento del 92% in un anno! Un’esplosione del prezzo del burro che oggi si spiega con un’epidemia di febbre catarrale che sta rapidamente colpendo sempre più allevamenti di bovini, ovini e caprini e che sta portando ad un calo della produzione di latte.
A causa di questa malattia, questa riduzione della produzione di latte, necessaria per la produzione del burro, dovrebbe aumentare nelle prossime settimane, allo stesso modo di quanto sta già accadendo in diversi paesi europei anch’essi colpiti dall’epidemia, con conseguenze per il consumatore sul prezzo del burro perché i produttori alimentari devono acquistarlo a un prezzo più alto data la scarsità di questa materia prima per il burro.
La febbre catarrale all’origine della futura impennata del prezzo del burro nei negozi
Per gli esperti che monitorano l’evoluzione del prezzo del burro sui mercati all’ingrosso, uno dei motivi che può spiegare l’aumento senza precedenti del suo prezzo è l’attuale diffusione della febbre catarrale degli ovini (BFT), detta anche malattia della lingua blu, nei bovini, ovini e caprini aziende agricole che forniscono il latte per la produzione di questo alimento di base.
La febbre catarrale degli ovini è una malattia virale contagiosa trasmessa attraverso la puntura di insetti come i moscerini (Culicoides) che colpisce i ruminanti domestici e selvatici e che può causare loro in particolare febbre, problemi respiratori, salivazione, edema del viso o cianosi della lingua.
La febbre catarrale è presente in Francia dal 2015 ma finora è stata contenuta, soprattutto grazie ad un’importante campagna di vaccinazione. Ma alla fine del 2023, una nuova forma di questa malattia, chiamata sierotipo 3 (BTV3), è stata introdotta nel nord dell’Unione Europea e un primo caso è apparso in Francia, nel dipartimento del Nord, il 5 agosto 2024. All’inizio dell’ottobre 2024, come indicato dal Ministero dell’Agricoltura, sono stati registrati 4.644 focolai di febbre catarrale sierotipo 3 in 26 dipartimenti della Francia.
L’FCO può causare la morte o addirittura l’aborto dei bovini e degli ovini colpiti, con la conseguenza in particolare di un calo della produzione di latte, parte del quale costituisce la componente base del burro, e soprattutto perché questa malattia contagiosa si diffonde rapidamente nelle aziende agricole. La produzione di latte dovrebbe quindi diminuire nelle prossime settimane, come già avviene in diversi Paesi europei dove questa epidemia è già molto presente.
Secondo il Ministero dell’Agricoltura, il numero di casi è recentemente quadruplicato in un periodo molto breve in Francia. In attesa degli effetti della campagna di vaccinazione attuata dalle autorità pubbliche e dell’abbassamento delle temperature che limita la presenza dei moscerini vettori di questa malattia, la diffusione della febbre catarrale avrà quindi necessariamente per alcune settimane un impatto diretto sulla produzione di latte che diminuirà improvvisamente , anche se in Francia questa produzione è già in declino da diversi anni perché sempre meno redditizia per gli agricoltori.
Conseguenza: la domanda di burro nel Paese è ancora significativa, e addirittura in aumento come ovunque nel mondo (in particolare negli Stati Uniti e in Asia), cosa che acuisce la tensione sui prezzi, il calo dell’offerta di Burro porterà inesorabilmente ad un aumento del prezzo di questa merce nei negozi.
Un aumento del prezzo del burro che dovrebbe però essere contenuto
Se il prezzo del burro aumenterà inesorabilmente nei negozi, e avrà ovviamente ripercussioni nei panifici, in particolare ad esempio sul prezzo dei pasticcini, a causa della scarsità di latte prodotto in Francia e in altri paesi europei, ciò non dovrebbe tuttavia accadere non significa, per il consumatore, un’esplosione del costo del burro, come l’evoluzione del suo prezzo che si riflette sui mercati con il raddoppio del prezzo di una tonnellata di burro in un anno.
Per garantire che il prezzo del burro non salga allo stesso modo per i consumatori, il settore agroalimentare (industriali e distributori) dovrebbe importare parte del burro dai paesi in cui viene venduto a un prezzo inferiore, e in particolare da quelli non -Stati europei produttori di latte.
I prezzi del burro, infatti, non sono gli stessi in tutto il mondo. Sono quindi particolarmente elevati in Europa: un livello superiore di quasi il 20% rispetto a quelli occupati negli Stati Uniti, e addirittura del 25% rispetto ai prezzi dell’Oceania.
In Nuova Zelanda, ad esempio, alla quale il settore agroalimentare si rivolgerà sicuramente per evitare di far esplodere il prezzo del burro nei negozi francesi, il prezzo di una tonnellata di burro è molto competitivo, e anche tenendo conto dei costi logistici da sostenere importarlo. Si tratta infatti di 2.300 euro in meno che in Europa, dove una tonnellata di burro tocca attualmente nuove vette (circa 8.200 euro).
Quindi, come riportato Informazioni sulla FranciaLactalis, numero uno al mondo nel settore del latte, ha annunciato il 26 settembre di ridurre la raccolta di latte nelle aziende agricole francesi.
D’altra parte, se il consumatore non vede ancora aumentare il prezzo del burro, è anche perché il prezzo di questa merce, come di altre, disponibile nei supermercati è regolato da contratti definiti a gennaio 2024. Di questi però si parlerà ancora all’inizio del 2025, quando si svolgeranno le prossime trattative tra industria alimentare e grande distribuzione.
Vedremo allora concretamente sugli scaffali dei supermercati un aumento del prezzo del burro, non necessariamente causato solo dalla febbre catarrale degli ovini e dal calo della produzione di latte che essa provoca?