Vedi anche questa settimana: “Amal, uno spirito libero” di Jawad Rhalib; “Il giorno che incontrai mia madre” di Zara Dwinger

Vedi anche questa settimana: “Amal, uno spirito libero” di Jawad Rhalib; “Il giorno che incontrai mia madre” di Zara Dwinger
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  • Amal, uno spirito libero di Jawad Rhalib – Con Lubna Azabal, Fabrizio Rongione, Catherine Salée…

Amal (Lubna Azabal) è un’insegnante in una scuola superiore di Bruxelles. Moderno e dinamico, quest’ultimo incoraggia i suoi studenti ad esprimersi liberamente. Un giorno, una di loro, Monia (Kenza Benbouchta), si ritrova molestata dai suoi compagni di classe a causa del suo orientamento sessuale. Volendo difendere la giovane, Amal vedrà la sua vita sconvolta…

Amal, uno spirito libero è un film scioccante. Di chi resta a lungo in testa. Che non sono dimenticati. La minacciata libertà di espressione degli insegnanti è al centro di questo nuovo lungometraggio del regista belga-marocchino Jawad Rhalib (Insubordinato), che purtroppo risuona tristemente con gli eventi attuali. La persecuzione del personaggio di Amal riecheggia gli omicidi di Samuel Paty o Dominique Bernard. Un lavoro magistrale guidato dall’imponente Lubna Azabal.

Raccomandazione: 4 core

Antoine Le Fur

  • Il giorno in cui ho conosciuto mia madre di Zara Dwinger- Con Rosa van Leeuwen, Frieda Barnhard, Lidia Sadowska…

Vivendo in una casa adottiva nei Paesi Bassi, l’undicenne Lu (Rosa van Leeuwen) sogna sua madre. Dato che non la vede da molto tempo, dice che sua madre è una stuntwoman molto famosa a Hollywood. Quando quest’ultima, Karina (Frieda Barnhard), riemerge, senza chiedere nulla a nessuno, porta “sua” figlia, la sua “Kiddo” come la chiama lei, a bordo di una vecchia arpa ebrea americana verso la Polonia dove si trova la casa di sua nonna che ha nascosto i soldi lì. La realtà raggiungerà rapidamente i due viaggiatori. Lu, che sta crescendo e affermandosi, è pronta, pur di mantenere sua madre, a sopportare fino alla fine la sua infantilismo e la sua eccentricità?

Per il suo primo lungometraggio, la regista e sceneggiatrice olandese Zara Dwinger ci porta in un viaggio selvaggio tra una madre imprevedibile che fugge dalla realtà e una bambina sognante, ma il cui carattere già forte si affermerà ulteriormente nel corso di questa bellissima fuga. Ben costruito (in sei capitoli che fanno avanzare la storia), visivamente molto riuscito (sebbene sia girato principalmente in Polonia, la sua estetica retrò, i suoi colori e i suoi paesaggi desertici ricordano certi film di Jim Jarmusch), Il giorno in cui ho conosciuto mia madre è una storia piacevole e tenera sull’apprendimento della vita. Una grande scoperta Per tutti, dagli undici anni.

Raccomandazione: 4 core

Domenico Poncet

  • Borgo di Stéphane Demoustiers – Con Hafsia Herzi, Moussa Mansaly, Florence Loiret-Caille, Pablo Pauly…

Melissa (Hafsia Herzi) è una guardia carceraria in Corsica. Appena trasferita sull’Isola della Bellezza con il marito Djibril (Moussa Mansaly) e i suoi due figli piccoli, la giovane donna sta lasciando il segno. La sua integrazione è facilitata grazie al sostegno di Saveriu (Louis Memmi), un giovane detenuto che la prende sotto la sua protezione. Ma il giorno in cui viene rilasciato, la vita di Melissa cambia…

Il cinema di Stéphane Demoustier è straordinariamente intelligente. Nel suo precedente lungometraggio, La ragazza con il braccialetto, il cineasta è riuscito a sovvertire il genere del film di prova con grande efficacia. Ecco, è il registro del “film carcerario” ad essere rivisitato in questo thriller inesorabilmente meccanico che ha appena vinto il Premio della Giuria all’ultima edizione del festival Polar di Reims. Una meritata ricompensa per questo film in cui brilla ancora una volta l’eccellente Hafsia Herzi.

Raccomandazione: 4 core

Antoine Le Fur

Un ragazzino dotato e laborioso, Steven McRae divenne uno dei primi ballerini più brillanti del Royal Ballet di Londra. Ma nel 2018, allora all’apice della gloria, si è strappato il tallone d’Achille, in piena prestazione. La sua carriera sembrava rovinata. Ma il ballerino non la vede in questo modo. Dopo un importante intervento chirurgico e due anni di riabilitazione, è tornato nelle sale prove per seguire un programma speciale sviluppato dai suoi allenatori e dall’équipe medica della sua compagnia. Il suo obiettivo? Ovviamente, tornando ai suoi massimi livelli. Ciò non gli impedisce, nonostante la sua eccezionale tenacia e il sostegno indefettibile della moglie e dei tre figli, di essere allo stesso tempo consumato dall’ansia di fare troppo e di ricadere…

Con questo documentarioben fatto che segue la lunga e sofferta convalescenza di una star, Stephane Carrel solleva il velo sul mondo della danza d’alto livello, sulle sue gioie, le sue speranze ma anche i suoi dubbi, le sue domande, e il prezzo da pagare (morale e fisico) per raggiungere in alto, restarci, o ritornarci, quando, come qui, sorgono grossi problemi per gli artisti. Perché è anche una lezione di vita, Uomo resiliente è un film per tutti, appassionati di danza e non. Bello quanto necessario.

Raccomandazione: 4 core

Domenico Poncet

Ray (John Mangaro) è un uomo allo stremo. Quando scopre che sua moglie lo tradisce, decide di togliersi la vita. Parcheggia nel parcheggio di un motel. Poi uno sconosciuto appare nella sua macchina, pensando di avere a che fare con l’assassino che ha ingaggiato. Suo malgrado, Ray si ritrova coinvolto in un vero e proprio vortice di eventi, uno più improbabile dell’altro…

Durante l’ultima edizione del festival di Deauville, LaRoy ha impressionato vincendo il Premio della Critica, il Gran Premio e il Premio del Pubblico. Forse i film di fronte erano di indicibile mediocrità? La questione si pone perché il plebiscito del famoso Festival della Normandia attorno a questo lungometraggio senza capo né coda è oggetto della più grande incomprensione. Una sorta di “sottocommedia dei fratelli Coen”, LaRoy fatica ad affascinare lo spettatore nonostante gli attori piuttosto interessanti. Un film che dimenticheremo presto.

Raccomandazione: 2 core

Antoine Le Fur

  • Knit’s Island, l’isola infinita di Ekiem Barbier, Guilhem Causse, Quentin L’helgoualc’h- Documentario.

“Da qualche parte su Internet esiste un territorio di 250 km2 in cui i giocatori, nascosti sotto avatar, si riuniscono in comunità per simulare una finzione survivalista”… Composta da tre documentaristi rappresentati anche da avatar, una troupe cinematografica (i tre firmatari di il film, in precedenza co-registi del cortometraggio Marlowe Drive) entra in questo videogioco online (DayZ) ed entra in contatto con i suoi giocatori. Essendo la pazienza la madre della sicurezza, ci vorranno quasi quattro anni al trio di diligente presenza a questo gioco affinché i loro giocatori rivelino le loro fantasie e le loro pratiche, le loro emozioni e le loro paure. Il montaggio delle 170 ore di materiale raccolto ha dato vita a questo documentario che, oltre ad essere visivamente incredibile, offre spunti di riflessione sullo stato e sul futuro della nostra società. In vista di questo Knit’s Island, l’isola infinita, siamo costretti ad ammettere che il virtuale fa ormai parte della nostra realtà. Giocoso (spesso), non (sempre) molto rassicurante, ma edificante ed emozionante. Da vedere, quindi.

Raccomandazione: 3 core

Domenico Poncet

Dice di chiamarsi Alexandre, Ricardo o Daniel. Viene dall’Argentina o dal Brasile? E’ un chirurgo? Ingegnere ? Medico ? È proprio a questo enigma che la giornalista e produttrice Sonia Kronlund cercherà di rispondere. Con un obiettivo ben preciso: svelare il mistero de “L’uomo dai mille volti”…

Produttore dello spettacolo Piedi per terra sulla cultura francese da più di vent’anni, Sonia Kronlund si era già distinta nel 2017 con il suo primo documentario, Niente di legno. Eccola tornata LL’uomo dai mille volti, un’affascinante indagine in stile thriller attorno a un uomo piuttosto sfuggente. Nonostante una costruzione a volte un po’ troppo contorta, il film (a cui si accompagna l’uscita in libreria dell’opera omonima, sempre scritta da Sonia Kronlund, edita da Grasset) si vede grazie ad una suspense che il regista riesce a gestire fino alla fine.

Raccomandazione: 3 core

Antoine Le Fur

Nell’odierno Wyoming, c’erano una volta tre bambini che volevano giocare a un nuovo videogioco. Non sgonfiati per due centesimi, ne ruberanno uno in un capannone come quelli di Amazon. Niente vasino: un nuovo codice genitoriale ne impedisce l’uso. Per ottenerlo cercheranno di corrompere la madre malata di uno di loro. Il prezzo da pagare? Porta a questa mamma una torta di mirtilli. Fastoc? Beh no. Inizia una grande avventura piena di sorprese…

Un budget esiguo, ma una sceneggiatura scritta con malizia, in tutta libertà, e una produzione che oscilla, con grazia, tra realismo e fantasia sfrenata… Per il suo primo film, Weston Razooli propone un’opera piena di umorismo, il cui grande coraggio è per rinnovare il film d’avventura per bambini. Un vero gioiello cinematografico, Enigma del fuoco è stato un successo l’anno scorso a Cannes, alla Quinzaine della Critica. C’è da sperare che oggi conquisti le sale. Per tutti, grandi e piccoli dai 10 anni.

Raccomandazione: 4 core

Domenico Poncet

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