Perché iniziare questa serie di nuovi remake con la terza opera e non con la prima? Semplicemente la cronologia. Perché se Dragon Quest III è uscito effettivamente dopo i primi due, si tratta di un prequel, il vero inizio della trilogia di Erdrick (Elric in francese, Roto in giapponese) e incidentalmente il più ambizioso e completo dei tre. La decisione di Square Enix di iniziare questa serie di riprogettazioni Dragon Quest III è quindi del tutto logico, anche se a prima vista può sembrare controintuitivo. Fortunatamente accogliamo con favore la salutare scelta di proporre successivamente i primi due episodi in un unico pacchetto, la cui durata è notevolmente ridotta rispetto a questa terza opera. COSÌ, Dragon Quest III pone il giocatore nei panni del protagonista, il cui nome può essere scelto dal giocatore, ma la cui tradizione di Dragon Quest considera di moda dargli il grazioso soprannome medievale di Erdrick. Quest'ultimo parte per un'avventura, seguendo le orme di suo padre Ortega, un coraggioso guerriero le cui imprese hanno lasciato un'impronta non solo nel suo villaggio originario Aliahan, ma anche nel resto del mondo. 16 anni, Erdrick ha un obiettivo: sconfiggere Baramos, l'arcidemone che minaccia l'equilibrio del mondo e responsabile della scomparsa di suo padre.
Per la sua leggendaria concisione (meno delle due opere precedenti, certamente), lo scenario di Dragon Quest III è una chiara testimonianza di un'altra epoca, quella in cui siamo andati dritti al punto, senza circonvoluzioni superficiali per aggiungere questioni minori. Qui c'è un cattivo, conosciuto dal prologo del gioco, e l'obiettivo è sconfiggerlo seguendo le orme del padre dell'eroe. È chiaro, pulito, preciso e ricorda un tempo più innocente: quello dell'infanzia. Oltre a questa semplice narrativa, questo remake di Dragon Quest III è un inno alla nostra giovinezza, e più precisamente alla nostalgia di ogni giocatore. Controversie a parte, sul campo Koichi Sugiyama ha sempre saputo imporsi come un maestro, le sue colonne sonore fanno costantemente appello a un sapiente mix antinomico tra malinconia e candore, così caratteristico della serie. Ci vogliono solo pochi secondi Remake HD-2D di Dragon Quest III per riscoprire un tempo che non abbiamo mai conosciuto, una nostalgia di una chimera eppure così reale per ogni bambino degli anni '90 che ha avuto la possibilità di toccare il materiale originale. La Musica è ciò che crea e distrugge a Ricerca del dragoe non c'è dubbio che abbiamo qui un vibrante omaggio alla licenza.
Musica sublime, trama concisa: quale fattore manca al trittico per dare la sensazione di suonare un tesoro antico, ritrovato dopo anni? Le sue insidie, ovviamente! Perché sì, nonostante l'aggiunta di molte opzioni QOL, alcuni difetti del gioco originale sono ancora presenti. I fan della serie lo sanno: quando un personaggio muore durante le prime ore di Ricerca del dragobisognerà tornare in città per portarlo al santuario o da un sacerdote per resuscitarlo. Quindi, se vi trovate nel mezzo di un dungeon e uno dei membri della vostra squadra soccombe ai colpi un po' troppo insistenti dei nemici infuriati, dovrete voltarvi, per poi tornare a piedi al villaggio (o utilizzare un'ala chimera), per prendere finalmente la strada opposta, col rischio di cadere di nuovo nel mezzo della prigione. Questo continuo avanti e indietro tende a rendere l'esperienza di gioco un po' sconnessa, almeno per le prime 10 ore. Tieni presente, però, che questa volta, se perdi uno scontro contro un boss, sarà possibile vendicarsi istantaneamente, invece di dover tornare indietro dal punto di salvataggio situato in città.
Successivamente verranno sbloccati diversi strumenti pratici per rendere tutto più semplice: il sacerdote della nostra squadra e il personaggio principale potranno resuscitare un alleato direttamente dal menu, senza dover tornare in città. Ma poi sorge un altro problema: il mana. Attraversare i dungeon richiede di gestire bene questa risorsa limitata, in quella che d'ora in poi chiameremo sindrome di Persona, a patto di apprezzare gli anacronismi. Il mana è una merce rara, gli oggetti che ne permettono il riempimento sono rari e soprattutto più pratici per raccogliere denaro dal mercante. Quindi, nonostante la possibilità di riportare in vita un personaggio nel mezzo di un dungeon, bisognerà farlo con parsimonia, e in caso di eccessiva perdita di mana, sarà necessario un piccolo viaggio aggiuntivo di ritorno in città..
Per permettere al giocatore di non dimenticare mai i dialoghi che ritiene importanti, potrà anche semplicemente premere il pulsante Start per conservare il dialogo in memoria, e accedervi in qualsiasi momento. Utile per ricordare, ad esempio, una missione in corso. Una cosa ci rimpiangerà, anche se dobbiamo ammettere che non ci aspettavamo certo una rivoluzione della licenza con un remake: i menù risultano ancora poco intuitivi e poco piacevoli da navigare. È un classico Dragon Quest e, a questo livello, dovremmo quasi onorare l'abnegazione nel rifiuto di conformarsi alle nuove possibilità offerte dal genere.
Da notare che a questo remake sono state aggiunte due ulteriori modalità di difficoltà: quindi, la difficoltà del gioco originale qui diventa la modalità più complicata, “draconian quest”. Una modalità normale rende le cose un po' più semplici, e la modalità facile mira a rendere i personaggi giocabili semplicemente invulnerabili: non scenderanno mai al di sotto di 1 HP. Questa è la modalità preferita se vuoi goderti un'esperienza senza stress. Come parte di questo test, abbiamo giocato l'intero gioco nella modalità “Draconian Quest”, che sembrava comunque più semplice del gioco originale. E per una buona ragione: con le varie aggiunte QoL (come la possibilità di velocizzare il combattimento), era molto più semplice salire di livello e quindi sconfiggere i nemici con una certa facilità.
Per fare un confronto, prendiamo l'esempio di Star Ocean The Second Story R: quest'ultimo non si accontentava di rinnovarsi, modernizzarsi. Ha completamente revisionato il suo sistema di combattimento, apportando aggiunte fino al midollo, cambiando l'esperienza di gioco in modo sostanziale. Questo remake di Dragon Quest III avreste fatto meglio a prenderne spunto, perché la semplice aggiunta di una modalità arena dei mostri che vi occuperà un'ora del vostro tempo per l'intera durata dell'esperienza può presto equivalere a semplice pigrizia, una scusa per puntualizzare: “ma sì, guarda, abbiamo aggiunto contenuti!” “.
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