Gli astronomi osservano la formazione di questi sferoidi ????

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Basandosi sui progressi tecnici e osservativi, un team internazionale guidato da ricercatori del Dipartimento di Astrofisica dell’IRFU (CEA Paris-Saclay) ha chiarito il mistero della formazione degli sferoidi, che si trovano nelle galassie a spirale bulbose e nelle galassie ellittiche giganti.

Queste strutture, a lungo considerate principalmente il prodotto di fusioni galattiche tardive nella storia cosmica, potrebbero formarsi anche direttamente nell’Universo lontano. La loro forma sferica deriverebbe da un’intensa formazione stellare indotta da un processo dinamico che combina l’accrescimento di gas freddo e le interazioni galattiche.

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> Figura 1 – Esempi di immagini catturate con il JWST, dal campione di galassie analizzate in questo studio.

Le immagini a colori sono state ricostruite combinando tre filtri: F444W (rosso), F227W (verde) e 50W (blu). La regione delineata dalle linee tratteggiate ciano corrisponde al miglior adattamento dei profili di luminosità superficiale dell’emissione submillimetrica. La barra bianca nella parte inferiore delle miniature indica la scala, mentre il nome della sorgente e lo spostamento verso il rosso (z) delle galassie sono menzionati nella parte superiore di ciascuna miniatura.

Credito: Tan et al. 2024

Queste scoperte rappresentano un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’evoluzione delle galassie, incidendo sui modelli attuali che beneficeranno anche di osservazioni ad alta risoluzione utilizzando i telescopi di ultima generazione (JWST, Euclid, ecc.).

Questa ricerca è stata presentata in un articolo intitolato “Formazione di sferoidi in situ in galassie distanti submillimetriche”, pubblicato sulla rivista Natura.

I limiti tecnici e di osservazione sono stati finalmente rimossi

Le galassie dell’Universo si dividono in due principali categorie morfologiche. Da un lato, le galassie a spirale, a forma di disco, come la nostra via Lattea. Sono giovani, ricchi di gas e continuano a formare stelle. D’altra parte, le galassie sferoidali, che includono le galassie ellittiche e i rigonfiamenti delle galassie a spirale. Sono prive di gas, composte da stelle molto antiche e quasi non formano più stelle; sono come “morti”. Se la formazione delle galassie a spirale è forse meglio compresa, quella delle galassie sferoidali è rimasta fino ad oggi un mistero, nonostante l’esistenza di diverse teorie, rimaste limitate dai nostri precedenti mezzi osservativi e tecnici.

Per comprendere la formazione di questi sferoidi dobbiamo risalire alla nascita delle stelle che li compongono, all’era del “Mezzogiorno Cosmico”, quando l’Universo aveva tra 1,6 e 4,3 miliardi di anni. . A quel tempo, molte galassie formavano attivamente stelle ed erano ricche di polvere e gas, il che le rendeva opache nello spettro visibile, ma estremamente luminose nelle lunghezze d’onda millimetriche e submillimetriche. L’arrivo dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), capace di osservare in questa regione dello spettro, ha quindi aperto la possibilità di studiare i rigonfiamenti galattici. Queste osservazioni sono integrate dalla visione infrarossi dei potenti Telescopio spaziale James Webb (JWST) che fornisce una visione globale delle galassie (vedi Figura 1).

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> Figura 2 – Diagramma che illustra il processo di formazione degli sferoidi in galassie submillimetriche distanti e luminose e il suo legame con l’evoluzione delle galassie ellittiche giganti nell’Universo attuale.

All’estrema sinistra, le immagini infrarosse catturate dal JWST (vedi legenda Fig. 1) sono seguite da uno zoom sulle loro regioni centrali submillimetriche, ottenuto utilizzando ALMA. Lo schema propone anche una classificazione delle forme intrinseche delle galassie. I parametri medi delle morfologie sono rappresentati per: l’intero campione studiato (ellisse verde), un sottocampione di galassie submillimetriche compatte (ellisse arancione) e un sottocampione di galassie submillimetriche estese (ellisse blu). Questi parametri vengono confrontati con quelli delle galassie locali di tipo precoce (ellisse rossa) e di tipo tardivo (rappresentate da forme a spirale viola e ciano).

Credito: Tan et al. 2024.

Questa ricerca è stata resa possibile anche grazie ad un notevole progresso tecnico. In una precedente pubblicazione (Tan et al. 2024, A&A), i ricercatori hanno sviluppato un nuovo metodo per adattare i profili di luminosità superficiale alle osservazioni interferometriche, come quelli prodotti da ALMA. Prima di questa innovazione, l’estrazione di informazioni da questi dati era complessa e i metodi esistenti introducevano troppi errori, rendendo difficile l’analisi approfondita dei sistemi sferoidali.

Nuove intuizioni sulla formazione delle galassie ellittiche giganti nell’Universo primordiale

Questo studio si basa sulle osservazioni ALMA raccolte nel corso degli anni da vari progetti. Grazie ai progetti di archivio A3COSMOS e A3GOODS, i ricercatori sono riusciti a costituire un campione di più di un centinaio di galassie con intensa formazione stellare, molto luminose nel dominio submillimetrico, con un elevato rapporto segnale/rumore (S/N > 50) . Queste galassie provengono dall’Universo primordiale, allora avevano solo da 1,6 a 4,3 miliardi di anni (spostamento verso il rosso tra z = 1,5 e 4). Una tale ricchezza di dati sarebbe stata impossibile da ottenere nell’ambito di una tradizionale richiesta di tempo di ricerca.osservazionesottolineando l’importanza dell’utilizzo degli archivi per studi di questa portata.

La prima scoperta riguarda la morfologia delle componenti submillimetriche presenti al centro di queste galassie, che corrispondono ai luoghi di formazione stellare. Lo studio indica che la maggior parte dei centri di queste galassie sono intrinsecamente sferici e non a forma di disco come si pensava in precedenza. I ricercatori, infatti, hanno scoperto che l’emissione submillimetrica di queste galassie è molto compatta, con profili di luminosità superficiale che si discostano significativamente da quelli tipici dei dischi. Questa conclusione è rafforzata dalla modellazione dettagliata della loro geometria 3D, che mostra che il rapporto tra l’asse più corto e quello più lungo è in media la metà, aumentando con la compattezza spaziale (vedi Figura 2).

La seconda rivelazione di questo studio riguarda il meccanismo di formazione delle galassie sferoidali. Per molto tempo si è pensato che gli sferoidi si fossero formati più tardi nella storia dell’Universo, principalmente per coalescenza, cioè per fusione di due galassie dopo la collisione. Tuttavia, questo studio fornisce una nuova prospettiva: è stato osservato che gli sferoidi si formano direttamente dai brillamenti stellari, probabilmente a causa dell’azione simultanea dell’accrescimento di gas freddo e delle interazioni tra le galassie, senza richiedere la fusione. Questi processi portano ad un’intensa formazione stellare concentrata nei cuori tridimensionali di queste galassie, fin dalle prime epoche della storia cosmica.

Possibile accesso ai luoghi di nascita delle grandi galassie ellittiche

Questo studio ha fornito la prima forte prova osservativa che gli sferoidi possono formarsi direttamente attraverso un’intensa formazione stellare, alimentata dall’accrescimento di gas freddo e dalle interazioni galattiche simultanee nei nuclei delle galassie. Questo processo, apparentemente molto diffuso nell’Universo lontano, costituisce un punto di svolta nella nostra comprensione della formazione ed evoluzione dei bulge delle galassie a spirale, e forse anche delle galassie ellittiche giganti, come M87 nell’Universo costellazione della Vergine, i cui luoghi di nascita erano stati ricercati per decenni.

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> Figura 3 – JWST ha recentemente contribuito a rivelare la vera natura della vicina galassia M104, conosciuta come la Galassia Sombrero. Usando la sua visione a infrarossi, il telescopio è riuscito a scrutare attraverso la polvere e il gas, dando l’illusione di bracci a spirale. I nuovi dati confermano che il Sombrero è in realtà una galassia ellittica circondata da un anello, con pochissima formazione stellare (meno di una massa solare all’anno).

Credito: © (NASA, ESA, CSA, STScI)

Le nuove osservazioni di ALMA, che beneficiano di una maggiore risoluzione e sensibilità, combinate con dati di archivio, ci permetteranno di esplorare in dettaglio la distribuzione e la cinematica del gas freddo – la materia prima per la formazione stellare – all’interno di queste galassie attraverso studi statistici. Inoltre, le capacità dei telescopi JWST, Euclid e del telescopio spaziale Stazione spaziale Il progetto cinese (CSST) per mappare le componenti stellari delle galassie completerà questo approccio, offrendo una visione più completa della loro evoluzione (vedi Figura 3). Insieme, questi strumenti promettono di rivoluzionare la nostra comprensione della formazione delle galassie nell’Universo primordiale.

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