Plutone ha una luna massiccia, Caronte, che orbita attorno ad una distanza 16 volte il raggio del pianeta nano. Per spiegare questa configurazione, illustrata a fianco in un montaggio di immagini riprese nel 2015 dalla sonda New Horizons, gli astronomi hanno utilizzato il modello idrodinamico che ha permesso, nel 2001, di descrivere la collisione tra la Luna e la Terra, l’assimilazione ai fluidi senza forza coesiva. A proporlo è un team americano guidato da Robert Melikyan (Università dell’Arizona, a Tucson). Geoscienza della natura dal 6 gennaio nuove simulazioni tenendo conto della solidità dei due corpi.
Hanno proposto uno scenario chiamato “Kiss and Capture” in cui le due stelle sarebbero state, originariamente, composte per l’85% da roccia e per il 15% da ghiaccio. Il proto-Caronte avrebbe avuto una massa doppia di quella odierna, e si sarebbe scontrato con Plutone con un angolo di 45 gradi, a circa 1 chilometro al secondo. Sarebbero bastate poche decine di ore perché la futura luna, avendo perso parte della sua massa, ruotasse attorno al pianeta nano, prima di allontanarsi verso la sua attuale orbita circolare. In questo scenario, Caronte è rimasto relativamente intatto, conservando il suo nucleo e gran parte del mantello, e sarebbe vecchio quanto Plutone, il cui raggio (1.200 chilometri) è due volte più grande. L’impatto avrebbe prodotto detriti che avrebbero potuto contribuire alla formazione delle altre quattro lune di Plutone.
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