Nuove analisi della Gioconda hanno rivelato uno dei segreti di Leonardo da Vinci.
La Gioconda è senza dubbio il dipinto più famoso di Leonardo da Vinci. Esposta al Museo del Louvre, la Gioconda attira turisti da tutto il mondo. Questo dipinto ad olio raffigura Lisa Gherardini, moglie del mercante di stoffe e personaggio politico fiorentino Francesco del Giocondo, che aveva commissionato un simile ritratto. Se le pennellate dell’artista hanno sempre impressionato, Leonardo da Vinci è stato anche un grande innovatore.
In uno studio pubblicato su Giornale dell’American Chemical Societyi ricercatori del Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS) hanno esaminato una tecnica molto specifica utilizzata dall’artista per la Gioconda. Un procedimento non consueto per l’epoca e che mette ancora una volta in luce il genio del pittore italiano. Per raggiungere tale scoperta, gli esperti, in collaborazione con il Museo del Louvre, hanno analizzato minuscoli campioni del sottopelo che il pittore aveva applicato per la prima volta in preparazione del capolavoro. Potrebbero essere stati recuperati sotto la cornice durante un restauro prima di essere analizzati con raggi X molto potenti.
Hanno notato un composto inaspettato nella vernice: leadonacrite, un minerale derivato dal piombo. “Questo minerale non faceva parte degli ingredienti di base. Si tratta di un sottoprodotto che non era presente quando è stata dipinta la Gioconda e che è apparso in seguito a trasformazioni chimiche”, ha spiegato Victor Gonzalez, chimico del CNRS e autore dello studio. Tuttavia, la sua presenza centinaia di anni dopo rivela la ricetta utilizzata dal pittore nel sottofondo delle sue opere: una miscela di olio cotto e ossido di piombo. Questa tecnica permette di addensare la vernice e quindi di dare rilievo e catturare meglio la luce. Tuttavia, una tale composizione è “estremamente rara negli strati di dipinti storici”. “Artista, ingegnere e architetto, era anche un chimico sperimentale, e la Gioconda era un vero laboratorio!”, si stupirono i ricercatori.
La padronanza della piombonacrite sulla pittura è quindi una tecnologia d’avanguardia utilizzata dal pittore, che fu resa popolare solo un secolo dopo da Rembrandt che ne aggiunse quantità significative ai suoi dipinti per lavorare sulla profondità. Questo composto è stato ritrovato anche nel dipinto L’Ultima Cena, Leonardo da Vinci lo ha quindi testato più volte.
Per i ricercatori ciò dimostra “la volontà di innovare nella preparazione di fondi di vernice spessi e opachi trattando l’olio con un alto carico di ossido di piombo” e dimostra ulteriormente che Leonardo da Vinci amava sperimentare numerose tecniche nelle sue opere.