Alice nel paese delle nevrosi

Alice nel paese delle nevrosi
Alice nel paese delle nevrosi
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Alice cade davvero nel “Paese delle Meraviglie”?

NO. È un incubo; un libro molto angosciante ma allo stesso tempo molto divertente. Ho pensato molto a Buster Keaton che, nei suoi film, continua a cadere, ad spaventarsi, a farsi male pur riuscendo a far ridere senza perdere il suo sinistro splendore. L’umorismo di Lewis Carroll si basa su una forma di assurdità, accettando l’apparente paradosso di essere allo stesso tempo angosciante e divertente. Inoltre, Alice, all’inizio della storia, come Buster Keaton, fa una tremenda caduta nella tana del coniglio. Lei “cadere, cadere, cadere” in un pozzo che alla fine ha un fondo e una porta.

A proposito di ansia: Lewis Carroll aveva una strana passione per la fotografia di bambine. Su Culture lei dichiara: “Non avrei passato sei mesi della mia vita con uno stupratore”.

Infatti. Non lo sapremo mai. Non ci sono registrazioni nei suoi diari (alcune pagine sono state opportunamente strappate, ndr). In epoca vittoriana esisteva la tradizione di fotografare bambine vestite con veli, travestite da fate, vagamente nude – una tradizione che ovviamente non condivido – ma questo è il territorio in cui si avventura Carroll. Ai miei occhi non è un mostro, è piuttosto sintomatico sguardo maschile del tempo sulle bambine. La mia ferma convinzione è che tutto ciò sia rimasto una fantasia. Tuttavia, è impossibile esserne sicuri. La madre di Alice, che inizialmente aveva sostenuto le sedute tra le figlie e lo scrittore, finì per mettervi fine, probabilmente perché sarebbe stato inappropriato che le ragazze, ormai pubescenti, fossero lasciate alla custodia di un solo adulto.

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Come immagini Lewis Carroll?

Non riesco davvero a immaginarlo. Alice mi interessa infinitamente più del suo creatore. Essere un traduttore non significa diventare uno specialista di un autore. In questo senso, le mie conoscenze biografiche restano vaghe: era un matematico, un professore, un eterno scapolo e – a dire il vero – non sono sicuro di averlo trovato molto simpatico.

Alice sta sognando? All’inizio della storia, infatti, sembra che faccia fatica ad addormentarsi.

È nel sonno dei sogni, lo stato ipnagogico, che favorisce l’emergere delle immagini. Nel mio libro Non dormire (POL, 2021), noto che le persone che dormono in buona salute trascorrono alcuni istanti in questa zona, quando si addormentano. Se il risveglio avviene all’improvviso, il ricordo di queste strane immagini persiste. Il mio tipo di insonnia fa sì che non mi addormenti mai del tutto, soffro di ipervigilanza, che ha l’effetto di dilatare lo stato ipnagogico da pochi minuti a qualche ora. Un dormiente passa il tempo entrando ed uscendo da questo vortice di immagini. È faticoso, ma è anche ricchissimo: l’intero diario di Kafka nasce da questo disordine. Nel 1912 notò “niente sonno, solo i miei sogni“, una frase che non ho capito prima di diventare anch’io insonne.

Cos’è questo strano libro?

Alice è un manuale di sopravvivenza nella terra degli adulti; gli adulti sono tutti rappresentati da personaggi bizzarri e disfunzionali. Alice è una bambina. Qui si confronta con un mondo in cui gli adulti si comportano in modo casuale e cercano di far passare la loro turpitudine per la norma. Trasposti nella vita reale, rabbrividiamo all’idea di questi adulti che, in effetti, normalizzano il peggio. Incesto. O il patriarcato che è un business di demolizione per le ragazzine. Questo libro è un manuale di educazione-sopravvivenza disegnato da Lewis Carroll per le bambine. Dà loro le armi retoriche e logiche per non obbedire ciecamente alle assurde ingiunzioni del mondo adulto. Ecco perché l’idea di farne uno stupratore mi appare, istintivamente, una contraddizione in termini. Vedetela, all’improvviso, alla tavola della Lepre di Marzo e del Cappellaio Matto, ribellarsi all’etichetta che le è stata imposta; insistette in questo rifiuto, anche davanti alla Duchessa, poi davanti alla Regina. Alla fine, in tribunale, una fabbrica di colpi di testa uno dopo l’altro, la sua reazione sarà quella di rialzarsi e crescere. Trionfante attraverso la fiducia in se stessi di fronte a questo mondo di adulti chiusi in una sorta di infanzia folle e incontrollata dove regnano solo capriccio e arbitrarietà. Il suo unico alleato, alla fine, sarà il gatto del Cheshire che è d’accordo che “sono tutti pazzi”. E non è lei stessa un po’ pazza a seguirli uno dopo l’altro nei rispettivi cammini?

Alice e il signor Bruco, illustrazione di Tove Jansson, inclusa nella nuova edizione di Alice nel Paese delle Meraviglie tradotta da Marie Darrieussecq da Cambourakis. ©Tove Jansson

Percorsi ansiogeni che i disegni di Tove Jansson non mirano a chiarire.

Tove Jansson ritrae il gatto in modo inquietante. Ma lui solo sfugge al sistema – quello della Regina di Cuori – dove tutti sono condannati alla decapitazione, tranne lui, la cui testa è già separata dal corpo. Il bruco è un piccolo omuncolo. Mi sembrava importante non tradurre “il bruco” Di più “l’uomo bruco” che mi è sembrato preservare il linguaggio, certo infantile, ma infinitamente corretto di Alice che non si lascia superare da nessun personaggio sui suoi modi squisiti. Altrimenti, forse, quando l’uomo bruco, appunto, si alza sulle sue tante zampe per sfruttare i suoi otto centimetri di altezza. Per lui, ovviamente, le dimensioni contanoche fa ridacchiare Alice, visibilmente poco impressionata dalla virilistica assertività del suo piccolo interlocutore.

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Il patriarcato, certo, ma, nel Paese delle Meraviglie, è la Regina a mantenere una passione inquietante al decollo.

Tradizione britannica che riunisce figure come la Thatcher, la regina Vittoria, Elisabetta (l’una o l’altra) e Anna, per citarne solo alcune. È uno dei rari popoli sulla terra che fanno parte di una tradizione “sovrana”. Tuttavia è opportuno (la Regina di Cuori ne è l’incarnazione) collocarli ai margini della logica di genere. Sono anche una rappresentazione del patriarcato. Ai miei occhi, le regine inglesi non sono donne e mi sembra che agli occhi degli inglesi, le loro regine non siano esattamente donne.

Alice così indifesa eppure così intelligente e abile.

La vera Alice deve probabilmente essere stata molto intelligente per incuriosire un matematico eccentrico come Carroll. Il libro può essere letto come un omaggio a questa bambina che, una volta inserita nel testo, continua a diventare più audace man mano che le prove ricadono su di lei. Il suo compagno di viaggio, il signor Coniglio, la figura dell’impiegato zelante, non ha la stessa mentalità. Saremmo lieti di alimentarlo forzatamente con ansiolitici poiché si decompone man mano che il suo ritardo aumenta.

Autore e traduttore, la tua vita quotidiana è fatta scadenze. Ti ritrovi, come Mr. Rabbit, ad essere “in ritardo, in ritardo”?

NO. Innanzitutto perché alla POL, il mio editore, godo di condizioni di lavoro molto confortevoli. E, soprattutto, in quanto sofferente di ansia parossistica, mi rifiuto di essere l’artefice del mio galoppo confrontandomi con scadenze insostenibili. Ho quindi la fortuna, a differenza di Mr. Rabbit, di non temere ritardi. Ognuno ha le proprie nevrosi; il mio mi permette di decidere sulla maieutica di un manoscritto. “So” quando sarà finita. Anche se la lezione del gatto è universale:”qui sono tutti pazzi“.

Alice nel paese delle meraviglie. Edizioni Cambourakis. Autore: Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson. Nuova traduzione francese di Marie Darrieussecq. Illustrazioni: Tove Jansson.

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