Alan Roura: “La vela a volte è davvero ingrata”

Alan Roura: “La vela a volte è davvero ingrata”
Alan Roura: “La vela a volte è davvero ingrata”
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Il diario di bordo di Alan Roura

“La vela, a volte, è davvero ingrata”

Durante il Vendée Globe, il marinaio Alan Roura condivide momenti della sua vita quotidiana in mare.

Alan Roura

Pubblicato oggi alle 19:14

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Un Vendée Globe è molto tempo. Anche molto lungo. Al punto da dimenticare quanto tempo siamo partiti, senza sapere quando arriveremo. Navigare intorno al mondo è già di per sé un’avventura, quindi farlo a vela aggiunge un po’ di pepe alla storia! Farlo con la semplice forza del vento è qualcosa di davvero incredibile.

E anche imprevedibile. Perché rimaniamo dipendenti dal buon funzionamento della nostra barca, proprio come il vento che soffia nelle nostre vele. E per non rendere le cose davvero semplici quando puoi renderle complicate, aggiungiamo qualche regola a tutto ciò per rendere la follia ancora più folle: in solitaria, senza sosta, senza assistenza e, ovviamente, in gara!

Ma sono proprio queste regole a rendere la performance eccezionale. Stare da solo con te stesso, viaggiare per il mondo il più difficile possibile, perché il più velocemente possibile.

A bordo bisogna quindi essere costantemente al massimo delle prestazioni della barca, tenendo costantemente d’occhio i dati prestazionali per sapere a quale percentuale del suo potenziale ci si trova. E migliorarlo.

A volte si fa anche con il sentimento, ma l’obiettivo è lo stesso: cerchiamo sempre di spingere la macchina al limite, perché il vicino in acqua inevitabilmente vorrà spingere ancora di più! Onestamente non ci annoiamo! Spesso rasenta il limite della ragionevolezza e a volte è un po’ una gara a chi ha più coraggio…

Il mio inizio di gara è stato difficile. Va dal davanti e ti dici che è tutto finito. Vedere alcune delle barche con cui volevo giocare volare via mi ha demoralizzato un po’, ma ho cambiato rapidamente e sono entrato in modalità guerriero.

Sapevo che ci sarebbe voluto del tempo per risalire, che non avrei mai dovuto arrendermi perché il mio unico obiettivo era risalire posto dopo posto, fino a tornare dove avrei dovuto essere. Quindi l’intero piano iniziale, l’intera strategia cambia nella testa.

Oltre alla gara di velocità, si trasforma in una specie di partita di poker! Cerchiamo di far commettere errori agli altri, di logorarli, di spingerli al limite. È un lavoro lungo, ma a poco a poco ripaga. E dopo tutto il grande Sud da cui mi sono strappato, per uscirne già vivo, e per fare carriera, è stato alla fine attraverso una scelta strategica abbastanza impegnata che sono riuscito a ritornare. È stato mentre affrontavo la grande depressione mentre passavo Capo Horn che ho lasciato quelli dietro per raggiungere quelli davanti.

L’ho fatto perché sapevo che la mia barca era in buone condizioni, e avevo seri dubbi su quelle dei miei diretti concorrenti. Allora ho deciso di andare lì, per vedere se mi seguivano. Hanno preferito aspettare che passasse il maltempo e questo mi ha permesso innanzitutto di apprendere che i marinai e le barche cominciavano ad stancarsi, ma anche di riguadagnare più di 1.200 km di distanza sulle barche davanti. E ritrovarmi al loro fianco in 4 giorni.

Con orgoglio, dici a te stesso che hai raggiunto il successo della tua vita, che hai avuto un’ottima gestione della tua barca e che hai saputo spingerla. Ma ora il vento sta calando e sono tutti quelli della flotta che ho superato, uno dopo l’altro per due mesi, che stanno tornando in gioco. È chiaramente ingrato, ma questo è il punto!

Adesso mancano ancora 8.000 km da percorrere, saranno sicuramente i più lunghi della mia vita perché sarà come azzerare i contatori, per un nuovo inizio.

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