La partita tra Dallas Stars e Montreal Canadiens ieri sera ha offerto un’intensità degna dei playoff.
Le due squadre si batterono con passione, energia e velocità, ma un giocatore, sebbene leggendario per gli Habs, sembrava completamente estinto: Brendan Gallagher.
Senza fiato, incapace di tenere il passo con il ritmo infernale imposto da Dallas, il veterano 32enne era difficile da vedere sul ghiaccio, ricordando a tutti che i suoi anni migliori sono ormai alle spalle.
Gallagher, solitamente sinonimo di aggressività e perseveranza, ha offerto una prestazione inquietante.
Lungi dall’essere semplicemente una “brutta partita”, questa sera ha evidenziato un problema ricorrente del veterano: la sua evidente mancanza di velocità.
Di fronte a una squadra come Dallas, dove ogni giocatore sembra pattinare con facilità e fluidità, Gallagher sembrava letteralmente congelato.
I suoi tentativi di inseguimento del disco sono stati faticosi, le sue ritirate difensive lente e le sue presenze offensive quasi inesistenti.
Peggio ancora, in panchina, Gallagher ha regalato un’immagine inquietante: piegato in due, visibilmente esausto, come se stesse per ammalarsi.
Anche il suo tempo sul ghiaccio – 14 minuti – solleva interrogativi. Perché ha giocato tanto quanto giocatori più dinamici come Josh Anderson (12 minuti), o anche Joel Armia ed Emil Heineman, che hanno mostrato almeno la capacità di tenere il passo?
Questa decisione di Martin St-Louis sorprende e solleva interrogativi sul trattamento riservato a Gallagher.
La prestazione di Josh Anderson di ieri sera ha evidenziato, per contro, le carenze fisiche di Gallagher.
Anderson, con il suo entusiasmo e la sua velocità, sembrava tagliato per questo tipo di incontri, portando energia e robustezza.
Da parte sua, Gallagher sembrava sconnesso, la mancanza di gambe è diventata un grave handicap in una partita in cui la velocità era cruciale.
I giocatori di supporto Joel Armia ed Emil Heineman non hanno necessariamente brillato, ma hanno svolto il loro lavoro con costante intensità.
Perché Gallagher è stato utilizzato così tanto quando aveva chiaramente difficoltà a contribuire?
Questa gestione del tempo di gioco è una sfida e dimostra che, nonostante gli evidenti limiti fisici di Gallagher, il suo status all’interno della squadra continua a proteggerlo da un ruolo minore.
Questa non è la prima volta che Gallagher sembra incapace di tenere il passo. Da diverse stagioni il suo declino fisico è evidente.
A 32 anni, dopo una carriera trascorsa a lanciarsi sotto i tiri, a lottare sugli angoli e a subire colpi, il suo corpo porta i postumi di uno stile di gioco spietato.
Se il suo inizio di stagione è stato sorprendente – con sette gol in 15 partite e una partita memorabile con 10 valide – queste prestazioni sembrano ormai molto indietro rispetto a lui.
Da allora, Gallagher ha segnato un solo gol in 11 partite e la sua produzione offensiva è rimasta pericolosamente stagnante.
Per non dire che sta decisamente regredendo.
La cosa più preoccupante resta il suo stato fisico. Ieri sera, sembrava che Gallagher stesse lottando per ogni respiro, ogni spinta sui suoi pattini.
Questa immagine contrasta dolorosamente con quella dell’instancabile giocatore che un tempo incarnava l’anima del canadese.
Il declino di Gallagher porta inevitabilmente ad una domanda: cosa fare con il suo contratto? Con uno stipendio di 6,5 milioni di dollari all’anno fino al 2027, è diventato un peso per i Canadien, soprattutto per una squadra in ricostruzione che fa affidamento sulla gioventù e sulla velocità.
Una transazione sembra fuori portata. Nessun direttore generale correrà il rischio di acquisire un giocatore così limitato fisicamente, anche se Montreal trattenesse parte del suo stipendio.
L’unica soluzione percorribile sembra essere il buyout del contratto, opzione già menzionata più volte.
Le voci su una possibile acquisizione del contratto nell’estate del 2025 sono sempre più credibili. Anche se quest’anno Gallagher è sfuggito a questa opzione grazie alla sua leadership e al suo ruolo nello spogliatoio, è difficile immaginare che questa situazione continui.
La sua capacità di contribuire sta rapidamente diminuendo e la squadra non può permettersi di continuare a dargli un ruolo significativo semplicemente per rispetto dei suoi anni di servizio.
La crudele realtà della NHL è che non perdona il declino fisico, soprattutto in un campionato in cui la velocità è diventata essenziale.
Nonostante tutto, Gallagher continua a lottare, fedele alla sua identità. La sua resilienza, il suo coraggio e il suo amore per la maglia blu-bianco-rossa sono innegabili.
Ma anche il guerriero più feroce un giorno dovrà accettare i propri limiti.
Alcuni osservatori hanno sollevato l’idea che potrebbe ritirarsi presto, permettendo ai Canadien di inserirlo nella lista degli infortunati di lunga data, come Carey Price.
Ma Gallagher sembra troppo orgoglioso per considerare questa opzione, preferendo combattere finché il suo corpo non lo costringe a fermarsi.
La partita di ieri sera è stata un duro promemoria della realtà: Brendan Gallagher è un giocatore logoro, sopraffatto dalle moderne esigenze della NHL.
Se il suo cuore vuole continuare a combattere, il suo corpo dice il contrario.
Di questo passo, è difficile immaginare che Gallagher sia ancora un giocatore efficace, o addirittura utile, in un ruolo di supporto nei playoff o oltre.
I Canadien dovranno presto prendere una decisione difficile, ma necessaria, per il futuro della squadra.
Che si tratti di riscatto del contratto o di pensionamento anticipato, una cosa è chiara: il capitolo Brendan Gallagher a Montreal sta volgendo al termine.
Una fine triste, ma inevitabile, per un giocatore che ha dato tutto, ma che non ha più nulla da offrire in un campionato che non perdona lentezza né usura.
Anche La Presse, solitamente indulgente nei confronti di Brendan Gallagher, è stata impietosa con le sue parole dopo la partita di ieri.
I media hanno descritto la sua prestazione come “scoraggiante”, sottolineando che l’attaccante era “difficile da vedere” sul ghiaccio.
Spiccava l’immagine di Gallagher piegato in due sulla panchina, incapace di respirare bene. Questo evidente disagio dimostra una verità che molti sono riluttanti ad affrontare: l’elefante nella stanza sta diventando troppo grande per essere ancora ignorato.
Il declino di Brendan Gallagher, un giocatore un tempo adorato per il suo spirito combattivo e la sua leadership, è diventato un motivo di pietà per i Montreal Canadiens.
Mentre la squadra si sforza di ricostruire su basi più giovani, più veloci e più dinamiche, diventa sempre più difficile giustificare il suo ruolo sul ghiaccio, soprattutto considerando il suo contratto pesante e restrittivo.
Il disagio è sportivo, umano…e sociale…
Il tempo stringe e i canadesi dovranno porsi la fatidica domanda: possono continuare a ignorare l’inevitabile?
Perché se la partita di ieri è un’anticipazione di ciò che attende Gallagher nelle prossime stagioni, è chiaro che è arrivato il momento delle decisioni difficili.
L’orgoglio del guerriero non basterà più. È giunto il momento di agire, per il bene della squadra, ma anche per quello di Brendan Gallagher, che merita di meglio che concludere la sua carriera con una visione così pietosa.