Con la vittoria dell’eritreo Biniam Girmay, l’Africa entra nella storia del Tour de France

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L’eritreo Biniam Girmay dopo la vittoria nella terza tappa del Tour de France, il 1 luglio 2024 a Torino. MARCO BERTORELLO/AFP

È un tesoro di ciclista, fine di spalle e di mente, di velocità formidabile, che ha vinto lunedì 1È Luglio nella terza tappa del Tour de France, oltre 230 chilometri tra Plaisance e Torino, Italia. L’eritreo Biniam Girmay è un formidabile rifinitore. “Per riuscire in uno sprint bisogna chiudere gli occhi e gettarsi nella mischia”scherza il vincitore della giornata, membro della squadra belga Intermarché-Wanty. “A quanto pare ho chiuso l’occhio buono!” »aggiunge il corridore 24enne che aveva già vinto una tappa del Giro d’Italia nel 2022, e poi si è infortunato ad un bulbo oculare mentre stappava lo champagne.

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La data è storica. Il Tour de France accoglie il suo primo vincitore di tappa dell’Africa nera in 111 edizioni, anche il giorno in cui il primo ecuadoriano indossa la maglia gialla, nella persona di Richard Carapaz (Education First). Due corridori bianchi africani avevano già vinto tappe: Robert Hunter nel 2007, Daryl Impey nel 2019.

Quindi Girmay rompe un ostinato soffitto di vetro: “Essere il primo vincitore dell’Africa nera, è un messaggio per l’intero continente. » E la promessa di una festa al ritorno ad Asmara, sugli altopiani a 2.300 metri di quota, nella capitale del suo Paese, una delle rare nazioni al mondo dove il ciclismo la fa da padrone. Sotto nuvole di coriandoli, Biniam Girmay aveva già sfilato in limousine, dopo la vittoria al Giro d’Italia, come Neil Armstrong nella sfilata di New York del 1969, dopo il ritorno dalla Luna.

Ma dietro questi festeggiamenti continua ad esserci il problema dell’integrazione dei corridori africani nel gruppo, molto tardiva e lenta, ostacolata da ostacoli, insidie ​​e false buone notizie. “Non ho nulla contro Biniam Girmay, ma in Eitrea o in Etiopia ci sono non meno di una trentina di corridori come luicommenta un allenatore che vuole restare anonimo, avendo arbitrato al World Cycling Center (CMC), l’accademia dell’Unione ciclistica internazionale (UCI) riservata ai giovani talenti dei paesi emergenti. Dove sono questi corridori oggi? Non siamo stati in grado di rilevarli e tracciare un percorso per loro. »

Un passaporto rispettato

Daniel Teklehaimanot, per sempre il primo in questa odissea, aveva già cercato di allertare la gente su questa situazione. L’eritreo, primo africano di colore a prendere il via al Tour de France nel 2015 – insieme al connazionale Merhawi Kudus – e primo a indossare la maglia a pois di miglior scalatore, ha voluto ricordarlo: “Dietro di me ci sono tanti corridori. » È così che Teklehaimanot scelse di sacrificarsi durante un campionato africano, nella regione di Casablanca (Marocco), nel 2016, per il suo compagno di allenamento Tesfom Okubamariam. “Non ha avuto la fortuna di me di essere notato un giorno”, si pentì di Teklehaimanot. Okubamariam, infatti, avrebbe dovuto fare un’esperienza europea nel 2013, ma il governo svizzero gli ha rifiutato il visto.

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