La Tasca Blu cade sulla testa di Martin St-Louis

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Maxim Lapierre non ha risparmiato nulla a La Poche Bleue.

Lui, che di solito è moderato nei suoi commenti, ha sfogato tutta la sua frustrazione nei confronti di Martin St-Louis e del suo approccio visibilmente troppo comodo alla guida del canadese.

Secondo Lapierre l’organizzazione assomiglia ormai ad un vero e proprio Country Club, dove tutti sono ben ambientati, dove la vera concorrenza è completamente scomparsa.

È particolarmente esasperato dalla priorità data ai veterani come Joel Armia e Josh Anderson rispetto ai giovani talenti affamati come Joshua Roy.

Per Lapierre non ha senso e il problema viene direttamente dal St-Louis, che sembra incapace di infondere il senso di urgenza in questa squadra.

La risposta di St-Louis è diciamo… tremante…

“La sensazione di urgenza si crea sempre con una scadenza. La scadenza è la fine di una partita. La scadenza è l’orologio. C’è sempre più urgenza lì a causa dell’orologio”. (credito: 98,5 FM)

“Nel gioco di potere nel mezzo della partita, non hai quell’urgenza. Ciò non significa che non vuoi giocare con urgenza, ma è più calcolato, sai.”

Ha ragione Lapierre. Non c’è urgenza in questa organizzazione. Tutti bevono il KOOL-AID dell’organizzazione. E nessuno ha fame.

In altre parole, l’intera squadra, dalla dirigenza ai giocatori, sembra essersi sistemata in una bolla di autocompiacimento, al riparo dalle critiche.

E di chi è la colpa di questo stato d’animo? Martin St-Louis, ovviamente. Lapierre non esita a puntare il dito contro un allenatore che, secondo lui, è troppo a suo agio nel suo ruolo e trasmette questa morbidezza ai suoi veterani.

I commenti di Lapierre sono tanto più sorprendenti perché provengono da qualcuno che frequenta la NHL da anni.

Sa quanto siano essenziali il sentimento di competizione e la fame per avere successo, e ciò che vede nel canadese lo disgusta.

Veterani come Anderson e Armia non hanno più questo fuoco, questa rabbia per dimostrare che meritano il loro posto. Eppure, sono loro che St-Louis sceglie di mettere in risalto, invece di lasciare spazio ai giovani desiderosi di mostrare ciò di cui sono capaci.

E che dire delle ripetitive lezioni di vita di St. Louis?

Quando sentiamo St-Louis ripetere le stesse lezioni di vita ogni pochi anni, siamo stanchi più che mai.

I concetti astratti dell’allenatore…più capace…

L’urgenza di istituire un sistema di gioco efficace e una cultura competitiva. Per Lapierre la domanda è semplice: Martin St-Louis è un impostore?

L’allenatore può essere amato per le sue belle parole, ma quando si tratta di ottenere risultati e instillare una mentalità vincente, sembra completamente fuori dalla sua portata.

Lapierre non è il solo a essere indignato dall’approccio di St-Louis. I commenti che circolano sui media, sia inglesi che francesi, cominciano a seguire questa linea di pensiero.

La totale mancanza di urgenza, questa impressione che tutto vada bene nonostante i risultati deludenti delle partite preparatorie, è un segnale d’allarme.

Per Lapierre il canadese è diventato un Country Club dove i veterani se la prendono comoda, mentre i giovani talenti, affamati e pronti a dare tutto, vengono lasciati da parte.

Lapierre ha ragione ad essere stufo. Come possiamo affermare che il futuro del canadese dipende dai giovani se continuiamo a dare priorità a giocatori che non contribuiscono più?

Dov’è la pressione sulle spalle di Anderson, Armia e altri veterani che non hanno dimostrato nulla nelle ultime stagioni?

St-Louis, con i suoi discorsi ben oliati e le sue “verità” che ripete costantemente, maschera solo l’assenza di vera competitività in questa squadra.

I giocatori sembrano aver capito: finché l’allenatore continuerà a prendersi cura di loro non ci sarà bisogno di lottare per un posto.

Guarda i giochi di potere. Come può la prima unità essere ancora intatta? Come mai Lane Hutson non è nella prima unità di power play?

Quando Cale Makar arrivò in Colorado dal college, fu inserito direttamente nella prima unità di power play. Ma Martin St-Louis non ha questo coraggio.

E cerca di affogarci con le sue spiegazioni fasulle.

“Il vantaggio numerico è dare loro una base e poi lasciare che i tuoi fuoriclasse utilizzino i principi di cui parliamo continuamente. Avrai giochi simili, ma è raro che siano davvero tutti uguali. Si tratta di continuare ad aiutarli a leggersi a vicenda”. (credito: 98,5 FM)

“Nei buoni powerplay, avrà sempre un ragazzo in rete. Quindi avrai un difensore in alto. Quindi avrai movimento. Ma sai quando, quando ti muovi, ma devi muoverti con intenzioni. Non ti facciamo muovere solo per il gusto di muoverti. Bisogna leggere la partita tra l’uno e l’altro”.

La cultura della vittoria, quella per cui bisogna guadagnarsi la posizione ogni giorno, sembra essere scomparsa.

Maxim Lapierre ha lanciato l’allarme ed è tempo che l’organizzazione ascolti. Martin St-Louis deve uscire dalla sua zona di comfort e imporre una vera competizione nel suo spogliatoio.

Dare la priorità ai veterani che non hanno più la voglia di vincere non fa altro che inviare il messaggio sbagliato a tutta la squadra.

I veterani, ma anche le giovani stelle (Suzuki, Caufield, Slafkovsky, Dach, Matheson) della prima unità power play, devono sentire la pressione crescente se vogliono mantenere il loro posto.

Per il momento siamo lontani da questa realtà. I Montreal Canadiens rischiano di diventare ciò che Lapierre teme di più: un club dove lo sforzo non viene più ricompensato e dove tutti, dall’allenatore ai giocatori, sembrano troppo a loro agio in una cultura della mediocrità.

È giunto il momento che Martin St-Louis svegli la sua squadra, altrimenti, come dice Lapierre, questo Country Club finirà per crollare.

Ha ragione su tutti i fronti.

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