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“Incomprensione, delusione e rabbia”, avverte Pierre Lahore, direttore generale della Sezione Paloise

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Due emozioni molto forti ci hanno subito commosso quando Reece ha condiviso con noi la notizia: delusione e grande rabbia. Ci guideranno nella gestione del suo caso. Il nostro quadro disciplinare e delle risorse umane è stato immediatamente e fermamente implementato da quando è stato licenziato. Ora la palla passa al campo dell’AFLD (Agenzia francese antidoping, ndr).

Quando pronuncerà il suo verdetto?

Non abbiamo un orario. E non abbiamo pianificato cose del genere, perché siamo solo all’inizio. L’AFLD qualificherà i fatti, affronterà l’argomento e adotterà le sanzioni di conseguenza. Ci siamo assunti la nostra prima responsabilità: l’attività professionale di Reece è ferma e quando verrà emessa la sentenza applicheremo anche il nostro quadro procedurale e disciplinare.

Che atteggiamento ha avuto Reece Hewat dopo aver appreso la notizia?

La società non è stata avvisata ma, appena l’ha saputo, ce l’ha detto. È stato visitato dal medico del club dopo il suo licenziamento. E c’era il desiderio comune che fosse curato dal punto di vista medico dopo il controllo.

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I giocatori di rugby non sono supereroi, sono solo uomini.

Hewat è stato spesso citato come modello quando si parlava della professionalità e dei buoni progressi di un giocatore della Sezione Paloise. Accentua i sentimenti?

Ovviamente questo conta, perché conosciamo i nostri uomini, i loro valori. Sappiamo quanto vale quest’uomo, ma vediamo anche la profondità delle sue fragilità, da qui la delusione perché sentivamo di aver bisogno di lui.

Come hanno reagito i suoi compagni?

La situazione è stata condivisa con i giocatori e le loro emozioni sono le stesse: incomprensione, delusione e rabbia.

Ciò significa che le misure messe in atto per combattere la piaga della cocaina nel rugby devono essere riviste?

Credo che non dovremmo generare stigma. Lavoriamo con Lega e Provale su sensibilizzazione e rischi psicosociali. La prevenzione è essenziale. Esiste su base obbligatoria, ma anche motivata dai club. Certamente permette di evitare situazioni più sfortunate, anche se dobbiamo evolverci con i cambiamenti della nostra società. I giocatori di rugby non sono supereroi, sono solo uomini.

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