Cronaca “Abbi cura di te”
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L’Agenzia europea per i medicinali ha finalmente accettato la commercializzazione di due nuovi trattamenti la cui efficacia è marginale e i rischi sono molto reali. Cosa farà l’Alta Autorità della Sanità?
Continuazione e non fine del caso Leqembi. Perché il dossier di questo farmaco anti-Alzheimer è diventato quello di un business, lungi in ogni caso da un semplice e nuovo progresso terapeutico. È terribilmente rivelatore degli equilibri di potere e dei giochi ambigui intorno alle droghe e al loro possibile arrivo sul mercato, soprattutto quando il mercato è potenzialmente… enorme.
Ultima puntata dunque, giovedì 14 novembre: il comitato per la valutazione dei medicinali per uso umano dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha raccomandato la concessione “un’autorizzazione all’immissione in commercio nel territorio dell’Unione europea per Leqembi, la denominazione commerciale di Lecanemab”. Destinato alle persone affette dal morbo di Alzheimer in una fase iniziale della patologia, il trattamento mira a rallentare il declino cognitivo. Questa decisione sorprende un po’ perché, nel luglio 2024, il laboratorio Eisai, responsabile dello sviluppo del Lecanemab, aveva ricevuto un rifiuto formale da parte dell’EMA, con solide ragioni: l’aumento del rischio di effetti collaterali gravi, tra cui emorragie cerebrali, ma anche un interesse clinico limitato. Allora cosa è successo per far cambiare idea alla stessa autorità in pochi mesi?
Scale di valutazione discutibili
Lo dice ora l’EMA, nella sua decisione
Health
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