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La CBT rimodella il cervello depresso

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La depressione è una malattia tanto diffusa quanto difficile da curare perché multiforme. Come si fa a sapere se un metodo terapeutico sarà efficace in un dato paziente? Recentemente i ricercatori della Stanford University School of Medicine hanno scoperto che misurando l’attività di alcune aree del cervello all’inizio di una terapia è possibile prevedere in parte le possibilità di successo di questa terapia.

La terapia coinvolta era la CBT, o terapia cognitivo-comportamentale. Il suo principio consiste nel riconfigurare alcuni modelli di pensiero e comportamenti del paziente per aiutarlo ad affrontare la malattia. In particolare quello che chiamiamo “controllo cognitivo”, che si riferisce alla capacità di regolare i propri pensieri e le proprie azioni per raggiungere un obiettivo. In effetti, alcuni pazienti depressi cercano di controllare troppi parametri nella condotta delle loro azioni, il che porterebbe a sovraccarico mentale e scoraggiamento.

Per capire se, in questi pazienti, la CBT avesse la capacità di attenuare l’attività della rete cerebrale associata a questo controllo cognitivo (comprese le regioni della corteccia prefrontale e parietale), i ricercatori l’hanno registrata in momenti diversi su un periodo di due anni: prima e durante la terapia, poi un anno dopo la sua conclusione.

Verdetto: La CBT riduce effettivamente l’attività del circuito e questa attenuazione lascia presagire un miglioramento dei sintomi depressivi a lungo termine… Uno strumento potenzialmente utile per adattare il trattamento caso per caso, senza aspettare anni.

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