Il CAUE 31 ha pubblicato un libro molto interessante sul patrimonio architettonico delle case di un dipartimento alle prese con un forte dinamismo democratico. È un lavoro di memoria collettiva su un habitat diversificato, che riflette diversi terroir. Emozionante.
E’ un libro piccolo e ben strutturato.semplicemente battezzato Case dell’Alta Garonna. È prodotto da CAUE 31 (15€, autopubblicato) e copre, commentati, gli archetipi dell’abitazione individuale in questo dipartimento. Dall’elegante fattoria guascona, da Comminge alla città Articolo 11, passando per la casa solare, l’edilizia partecipativa, l’edilizia neoregionalista… Foto, disegni… Spaziando su un lungo periodo, a partire dalla fine del Medioevo, il libro è molto istruttivo sulle principali caratteristiche delle singole abitazioni con tutte le tendenze architettoniche citate. Con efficaci fregi nel libro.
“Radici estremamente profonde”
Nicola Delbert appartiene a CAUE de la Haute-Garonne (Consiglio per l’architettura, l’urbanistica e l’ambiente). Riguardo all’interesse di quest’opera egli dice: “Siamo partiti da una constatazione: rimettere la chiesa al centro del paese. Viviamo in un periodo di produzione architettonica molto forte anche se ha un po’ rallentato. Nel 2021, l’Alta Garonna contava un patrimonio di 770.000 unità abitative, di cui 265.000 (35%) sono state costruite negli ultimi vent’anni (1999-2021). Siamo in un dipartimento con una crescita demografica molto forte. E che allo stesso tempo ha radici estremamente profonde”. L’idea è di spiegarlo ai neo-Garonnesi, “Breve nella Garonnese”corregge. “Questo dipartimento presenta un certo numero di specificità. In termini di paesaggi. A livello dei suoi piani. E quindi in termini di architettura. L’Alta Garonna non ha un unico terroir ma diversi terroir. Quando sei nei Pirenei non sei a Lauragais. Il nostro habitat è lo specchio del nostro territorio”.
“Stiamo distruggendo bellissime case di periferia dagli anni ’50 agli anni ’70 per creare un collettivo…”
Cosa rende unica l’Alta Garonna? «Precisamente, non ce n’è uno. Ce ne sono diversi, confida Nicolas Delbert. Il dipartimento è molto esteso, tra il Sud e il Nord e la sua pianura. Il Lauragais, un grande solco agricolo, che arriva fino alla Montagne Noire; i Coteaux de Gascogne… Diverse geologie molto disparate. Questi paesaggi hanno portato anche ad usi molto diversi: l’agricoltura di montagna non è quella di pianura o quella di collina. E ogni volta l’alloggio si adatta: non troverete una casa basca lì! Non ha un solo segnalino speciale. Tuttavia, abbiamo una nostra identità. Abbiamo molte specificità”. Si sofferma sul “La produzione del Novecento che è anche un patrimonio. Nelle città, questo patrimonio è un po’ svalutato, poco preso in considerazione nella produzione architettonica attuale. Per quello ? Bellissime case suburbane degli anni ’50-’70 che vengono distrutte per realizzare R+2 o R+3 collettivi. Naturalmente dobbiamo ospitare le persone ma, di tanto in tanto, distruggiamo il patrimonio”.
“Potremmo fare la stessa cosa nell’area urbana, senza dover stare nel perimetro dei Bâtiments de France”
È anche un strizzatina d’occhio, un po’ subliminale, ai sindaci affinché possano salvarli attraverso i loro strumenti giuridici come il diritto di prelazione.. «Sì oppure utilizzare gli atti urbanistici per dare norme che tutelino il patrimonio. C’è un habitat rurale che proteggiamo. Potremmo fare la stessa cosa in ambito urbano, senza dover rientrare nell’ambito degli architetti di Bâtiments de France”. proporre Nicolas Delbert.
Cosa dicono queste diverse architetture sugli abitanti dell’Alta Garonna? “Nel 20° secolo, posa Nicolas Delbert, siamo in presenza di un habitat più orientato al comfort e al benessere che dipende dai mezzi delle famiglie. Entra in gioco la nozione di comfort moderno. Nel XX secolo esiste una decorrelazione tra la parte professionale e la parte privata. Non viviamo più nel nostro posto di lavoro. Legato allo status degli abitanti, l’habitat corrisponde maggiormente al loro tenore di vita. Più o meno borghesi, lavorate, anche sulle facciate. Altri sono più semplici”. Prima del 1920, l’habitat rurale rivela fortemente le pratiche agricole. Riflessione dell’attività economica. Nella policoltura di Comminge si trova l’azienda agricola Comminge molto adattata al suo ambiente; la casa dell’orticoltura di Frontonais o quella di Lauragais, è la stessa cosa. Con grandi capannoni per immagazzinare i raccolti, per esempio.”
Occitania: case suburbane, patrimonio importante
Esistono altri dipartimenti dell’Occitania che presentano un’architettura varia come quelli dell’Alta Garonna? “Nell’Aude, nell’altopiano di Sault, Donezan; intorno ai castelli catari; anche intorno a Carcassonne. E poi, l’architettura costiera. Esiste anche nel PO”. Nessun progetto, per il momento, per un libro che riunisca tutta l’architettura dell’Occitania.
In collaborazione con la Scuola Nazionale di Architettura, CAUE 31 ha appena terminato di partecipare alla mostra – From the Ground to Architecture, nella sua galleria 24 a Tolosa, dove Case dell’Alta Garonna dove è stato presentato. La mostra ha ricevuto 3.500 visitatori in tre mesi. Nicolas Delbert consegna un altro progetto: “Stiamo lavorando a una mostra – che inaugura questo giovedì fino al 29 marzo alla galleria 24 – sui padiglioni dagli anni ’50 agli anni ’70 – dove viviamo al piano superiore e al piano inferiore con un garage – che abbiamo trasformato un progetto di ricerca universitaria in una mostra pubblica che sarà in viaggio. Si tratta di un patrimonio molto importante in Occitania. Queste sono le cosiddette case suburbane. È un modo di comunicare sui temi della transizione ecologica applicato a questi padiglioni. Questi hanno nuovi proprietari, dopo la morte dei primi occupanti o la rivendita.”
Transizione ecologica
Nicolas Delbert ne sottolinea l’importanza: “La domanda è come isolarli meglio, come riutilizzare i materiali originali; come lavorare sulla biodiversità dei giardini; come questi padiglioni, che si trovano nel cuore delle città, debbano, a livello di “fabbrica di quartiere”, abbandonare l’uso esclusivo delle auto e integrare modalità di mobilità dolce… Sapendo che questi padiglioni vengono gradualmente demoliti. Mentre sono anche patrimonio. Sarebbe interessante riabilitarli”.
Olivier SCHLAMA