I piccoli fazzoletti con cappuccio
In Alla vitanon c’è tempo per scherzare: cinque minuti dall’inizio del film, l’appartamento dell’eroe viene preso d’assalto. Il combattimento è dignitoso, i cattivi fanno storie con il loro accento straniero, la donna incinta di otto mesi e mezzo picchia da sola metà del commando armato ed esperto venuto a rapirla, in breve: lo spettatore si sta preparando per divertirsi. Tanto più che, come rivelato nel trailer, Guillaume Canet ha solo poche ore per salvare la sua amata. Il conto alla rovescia è impostato, la posta in gioco è chiara, tutto sembra confluire per tuffarsi a capofitto in un thriller teso. E poi… no.
Invece, Alla vita tira il freno a mano e ci porta in un’ora di flashback… anche se il film dura solo 1h30. Invece di scomporre gli elementi del contesto in alcuni momenti chiave della sua corsa contro il tempo, preferisce esporre tutto in una volta…anche se le scene direttamente legate alle linee principali della storia potrebbero essere condensate in una decina di minuti.
Avere a che fare con “l’umano sotto il casco” dei GIGN fa infatti parte del DNA del progetto, che è stato in parte girato anche nei loro locali, con veri membri dell’unità d’élite come comparse. Il problema è che questa parte centrale (in tutto e per tutto) tiene più uno stomaco morbido degli addominali concreti.
Invece del thriller promesso, ci ritroviamo con una sorta di film ricordo di un campo estivo costellato di momenti più tragici, uno spot pubblicitario dedicato al cameratismo virile all’interno del GIGN compreso l’inevitabile montaggio dell’allenamento nella musica.
La preoccupazione per l’autenticità è benvenuta, ma tutto appare esagerato. Tanto più che, viceversa, la scoperta dell’eroe su cui si basa l’intera trama si compie in due minuti netti. C’era senza dubbio un modo per creare un equilibrio migliore di questa costruzione rudimentale, a quanto pare giustapponendo due film in definitiva non correlati.
Guillaume Canet al forno e al mulino
Cosa sono Guillaume Canetis, Guillaume Canetis : il responsabile di questo scenario è in parte lo stesso Canetche ha nutrito il desiderio di scrivere sui GIGN da quando ha incontrato un ex membro dell’unità d’élite sul set di JadotvilleThibault Levéque. Condivide la penna con il regista Rodolphe Lauga sotto la supervisione di David Corona, anche lui ex membro del gruppo di intervento.
Due decenni dopo Non dirlo a nessuno che lo ha rivelato, e sebbene la sua filmografia sia prevalentemente ricca di drammi e commedie, Canet voleva l’azione. E se per la prima volta delega la realizzazione di una delle sue sceneggiature, il giovane cinquantenne si diverte alla grande!
Più affascinante di Liam Neeson, più vivace di Belmondo, Canet si è obbligato a farlo quattro mesi di intensa preparazione fisica per affrontare la sfida: la discesa in corda doppia sulle pareti del Sacré Cœurparkour sui tetti haussmanniani…
La scrittura, ancora una volta, purtroppo non è all’altezza di questo impegno fisico. Il suo personaggio ci appare come un boy scout dolcemente stupido, con una caratterizzazione meno concretizzata di un acronimo. Tra i suoi Romanzi giovanili gestiti con la maturità emotiva di uno scolaretto (con in più un meraviglioso legame con la salsiccia) e scelte discutibili (la sua decisione di stare con la sua compagna in un appartamento visitato più volte dai suoi nemici…), è difficile affezionarsi a lui.
Ne soffre anche lui motivazioni originali come quelle di Mariotra salvare la moglie incinta e rendere orgoglioso il suo defunto padre. La maggior parte delle tracce narrative diffuse verranno abbandonate tornando al presente: il suo rimorso dopo la tragedia, il suo rapporto con il figlio della vittima… Quanto all’oggetto che dà il titolo al film, è trattato come un espediente. il minimo.
Una linea retta finale che distrae… e una divisione
Il vantaggio di salvare tutte le cartucce per ultime è che gli ultimi 30 minuti diAlla vita appaiono piuttosto animati. Appena uscito dall’infinito tunnel dei flashback, è un vero spasso : conto alla rovescia, corsa sui tetti, eroe che deve sfuggire sia alla polizia che ai cattivi… Ce n’è per tutti i gusti, dall’inseguimento in moto all’efficace sequenza nell’abitacolo di un’auto.
Ma l’incidente che conquista la nostra simpatia è questo improbabile viaggio di Canet in paramotore elettrico in parallelo con l’inseguimento principale. Anche la sequenza appare piuttosto curata, con alcune belle inquadrature girate nei giardini di Versailles.
Il problema è piuttosto il modo in cui si inserisce, o meglio non si inserisce, nel resto dell’azione. Né minacciato né minaccioso, Canet è ridotto a una sorta di ispettore Gadget che cerca disperatamente di interpretare un ruolo ma che si riduce a uno bombardamento fotografico spazio, sullo sfondo delle scene che contano davvero. Quanto alla “caduta” della sequenza, può suscitare veri e propri scoppi di risate: già solo per questo, ne è valsa la pena!
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