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questi nuovi prigionieri di coscienza rinchiusi per un hashtag

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“Misure di pacificazione: vogliamo fatti e non parole. » Questo 6 gennaio, di fronte a un muro sommariamente decorato, con uno sguardo determinato ma un’espressione sconfitta, Soheib Debaghine si rivolge ai suoi seguaci attraverso le reti sociali, promettendo alle autorità algerine di allentare le redini della repressione. Questo trentenne, con la barba incolta, indica che, il giorno prima, agenti di polizia in borghese avevano tentato di arrestarlo e che era fuggito. In questo breve video ricorda il suo impegno “cambiamento di sistema” e presuppone la sua partecipazione all’hashtag #JeNeSuisPasContent, virale sui social network sulla situazione nel Paese. Verrà arrestato il giorno dopo a Bejaïa, in Cabilia, mentre era con degli amici.

Secondo gli avvocati, dal 25 dicembre 2024 sono una trentina i casi come quello di Soheib Debaghine. Alla vigilia di Natale, il presidente Abdelmadjid Tebboune ha menzionato questo hashtag, lanciato da attivisti e militanti dopo la caduta di Bashar Al Assad in Siria. “Se pensano di inghiottire il Paese con un hashtag si sbagliano”ha dichiarato il capo dello Stato. Il giorno successivo la Presidenza della Repubblica ha annunciato il famoso “misure di pacificazione” riguardante il rilascio di almeno 22 prigionieri di coscienza. Finora solo cinque di loro sono stati rilasciati, secondo Zakaria Hannache, un informatore che dal 2019 registra i prigionieri di coscienza.

16 manifestanti incriminati

Contemporaneamente a questi rilasci, le autorità hanno arrestato altri attivisti. È il caso del giornalista Abdelwakil Blamm. Il cinquantenne, che negli ultimi mesi ha diffuso video particolarmente violenti contro il governo, ha accolto con favore la svolta degli eventi in Siria e ha espresso il desiderio di vedere lo stesso cambiamento in Algeria. Arrestato il 29 dicembre, una settimana dopo essere stato rilasciato, Abdelwakil Blamm è stato sottoposto a mandato d’arresto per “contatti con terroristi” o anche “diffusione di informazioni false che potrebbero nuocere all’unità nazionale” dal pubblico ministero del tribunale di Chéraga, a ovest di Algeri.

In totale, tra i manifestanti, 16 sono stati incriminati, quattro sono stati posti sotto controllo giudiziario e gli altri sono stati rilasciati. Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani attivisti dell’Hirak del 2019 che hanno già trascorso diversi periodi in prigione, come Souheib Debaghine. “Si tratta di giovani che hanno un grande seguito sui social network”dice Zakaria Hannache, anche lui ex detenuto rifugiatosi da diversi mesi in Canada, da dove segue gli avvenimenti del suo Paese.

Nel mix ci sono anche militanti islamici. Secondo fonti giudiziarie sarebbero sotto processo “diffusione di informazioni false” O “Danno all’interesse del Paese” et “all’unità nazionale”. Alcuni sono già stati presentati per la comparsa immediata. Uno di loro è stato condannato a due anni di carcere a Tlemcen, nell’ovest del Paese, gli altri sono ancora in attesa della sentenza.

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