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Affitti brevi, il Viminale vieta il self check-in: rischio per la sicurezza, l’identificazione degli ospiti va fatta di persona

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Solo identificazione “de visu”

In questo modo non viene garantito l’obiettivo della legge che prevede anche per i gestori di strutture turistiche per locazioni a breve di trasmettere alle Questure i dati degli ospiti al fine di evitare che «persone pregiudicate, sospette o ricercate» possano nascondersi negli esercizi ricettivi. Con il check-in a distanza, infatti, non si può escludere che, fa notare il Viminale, «dopo l’invio dei documenti in via informatica, la struttura possa essere occupata da uno o più soggetti le cui generalità restano ignote alla Questura competente, comportando un potenziale pericolo per la sicurezza della collettività». L’unica identificazione legittima è, perciò, quella fatta di persona.

Lo stesso vale per lo scambio casa. La circolare, che fa esplicito riferimento anche all’HomeExchange, precisa che anche le generalità di chi subentra nell’alloggio scambiato vanno comunicato in Questura con la modalità fisica e si conclude con la raccomandazione ai prefetti di illustrare il nuovo orientamento al comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza e di incaricare la questura dei controlli.

I controlli

Le indicazioni del Viminale si tradurranno anche in un monitoraggio specifico sulle procedure adottate per il check in nelle strutture ricettive destinate agli affitti brevi: la circolare si conclude con la raccomandazione ai prefetti di illustare il nuovo orientamento al comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza e di incaricare la questura dei controlli. Per il ministro Piantedosi, quello delle keybox è un «modello da superare», ha detto al termine di una riunione nella sede della Prefettura di Venezia. «Da superare – ha aggiunto – perché è molto critico anche in termini di rispetto della normativa che impone una effettività del riconoscimento della persona che poi accede al servizio alberghiero».

La posizione dei gestori

I gestori di strutture turistiche per locazioni brevi devono trasmettere alle Questure, entro le sei ore successive all’arrivo, nel caso di soggiorni non superiori alle 24 ore, o nelle 24 ore successive all’arrivo, per soggiorni più lunghi, i dati degli ospiti al fine di evitare che «persone pregiudicate, sospette o ricercate» possano nascondersi negli esercizi ricettivi. «Come Aigab (Associazione italiana gestori affitti brevi)- precisa il presidente Marco Celani – crediamo che i locker per le strade siano da eliminare e benvenga ogni controllo contro forme di abusivismo lesive di tutta la categoria. Tuttavia riteniamo che il ministero degli interni, non sia a conoscenza del fatto che i software utilizzati da molti gestori professionali usino tecnologie di riconoscimento degli ospiti con tracciamento biometrico e codici OTP del tutto analoghe allo spid, agli accessi agli autonoleggi e ai conti correnti bancari. Non credendo che il Governo voglia mettere fine alla sharing economy in Italia, introdurre il riconoscimento fisico solo per gli affitti brevi sarebbe discriminante».

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