È stato un attimo, il pensiero di tutti è volato ad Astori e a Barone. Il mio pensiero è andato molto più indietro, quasi mezzo secolo, al 22 novembre 1981. C’era un altro viola steso sul manto verde dell’allora Comunale di Campo di Marte, con la gamba che scivolava morta sul fianco. Si chiamava (si chiama) Giancarlo Antognoniera crollato quando il portiere del Genoa, Silvano Martina, con un’uscita spericolata lo aveva colpito con un ginocchio alla tempia, senza volerlo dirà il Capitano durante il processo. Antognoni andò giù, privo di sensi, proprio come Boveanche se la dinamica era diversa. Gli stessi momenti, lo stesso terrore di allora l’ho rivissuto ieri sera. Il primo a raggiungere Antognoni fu “Pallino” Raveggi, lo storico massaggiatore di quella Fiorentina, gli spostò la lingua perché non scivolasse indietro, nella gola, e lo soffocasse, e iniziò la respirazione bocca a bocca mentre il medico del Genoa, il professor Gatto, cominciava il massaggio cardiaco. Me li ricordo quei momenti come fossero ieri, come sono stati ieri. Il medico della Fiorentina, il professor Anselmi, dette il cambio al collega per il massaggio e Gatto gli teneva il polso, che non ripartiva. Lo stadio muto, come quello di ieri. Bertoni che urlava e piangeva, come i viola di ieriOnofri che gridava verso la sua panchina “è morto, è morto”.
Passarono minuti eterni, in tribuna la gente si disperava e piangevafin quando, steso sulla barella che lo stava portando verso l’ambulanza, parcheggiata nello stesso punto di ieri, Giancarlo fece un leggero movimento col braccio. Se ne accorse un fotografo con un impermeabile bianco che esultò come se il Capitano avesse segnato il gol di una finale di Coppa dei Campioni, in tribuna stampa tirai un sospiro che non finiva più. Ieri, allo stesso modo, per rassicurare i tifosi qualche giocatore si è rivolto verso le tribune per dire che Bove respirava da solo. Antognoni venne operato alla testa dal professor Mennonna e tornò in campo qualche tempo dopo. Spero tanto che vada così pure per questo ragazzo.
Come allora, anche ieri il senso della tragedia si è dissolto qualche ora dopocon le prime notizie dall’ospedale di Careggi dove era stato portato il giocatore. Un senso tremendo che Firenze conosce bene, che l’ha riportata indietro di sei anni, alla mattina in cui se ne andò Davide Astori nella camera di un albergo alle porte di Udine, anche allora la partita non si giocò. Davide era un ex romanista, come Bove, e per Firenze è diventato un simbolo di pace, di amicizia e di fair play. Per anni, al minuto 13 (il suo numero di maglia) di ogni partita, dal Franchi si è alzato un lunghissimo applauso.
L’anno scorso la tragedia di Joe Baronemorto per attacco cardiaco in un albergo vicino a Bergamo, poche ore prima di Atalanta-Fiorentina, che venne rinviata proprio come è successo stavolta. Lo stesso senso di sgomento, di dramma, che Firenze aveva respirato per Astori. Ora invece possiamo sentirci più sollevatiEdoardo ha fatto prendere un bello spavento a tutti, ma è lì che lotta e Firenze è al suo fianco.
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