Sinner sul cemento è imbattibile. Maestro, ma sempre umile
(Gaia Piccardi, inviata a Torino) Non solo il numero uno del tennis è italiano. Lo è anche il maestro che dà lezione a Torino, raro esemplare di profeta in patria, come Connors e McEnroe al Madison Square Garden (ah, quel campo azzurrino senza corridoi), Becker a Francoforte, Hewitt a Sydney e Murray a Londra. Alla velocità di 23 anni e 93 giorni, Jannik Sinner sovrascrive il proprio nome nell’albo d’oro a quello di Novak Djokovic campione uscente delle Atp Finals, il fuoriclasse da cui perse in finale l’anno scorso giurando a se stesso che non sarebbe più successo.
Nella dimensione indoor, quella a lui più congeniale, l’habitat in cui l’anno scorso in Davis gettò le fondamenta del suo dominio (i tre match point annullati al Djoker a Malaga, la porta girevole della carriera), il prescelto è imbattibile e non c’è nulla che Taylor Fritz, già sconfitto martedì nel girone e a New York per il titolo dell’Open Usa, possa fare per arginare quella furia rossa con il naso che cola, costretta dal raffreddore a respirare con la bocca aperta e, per la prima volta — lui che di solito è silenzioso come un sottomarino da guerra — ad emettere suoni durante lo scambio. «Incredibile», gli dice alla fine Fritz regolato in due set (6-4, 6-4 come nel girone) al pari di De Minaur, Medvedev e Ruud tra banane, datteri e fazzoletti. La primizia di un titolo in Italia è già un momento cult nell’agiografia sinneriana galoppante: «Che settimana… Questo è un trofeo davvero speciale».
Un minuto dopo la fine del match, mentre Jannik corre ad abbracciare le sue due famiglie, naturale e tennistica, apre la prevendita per le Finals 2025, casa Sinner, e a ruota Andrea Gaudenzi, presidente faentino dell’Atp Tour, impugna il microfono per fare l’annuncio che il popolo di Jannik e la Federtennis aspettavano: «Sono felice di annunciare che le Atp Finals resteranno in Italia per altri cinque anni, fino al 2030». È un trionfo doppio, alla vigilia della trasferta in Davis nella quale la Nazionale (Sinner, Musetti, Berrettini, Vavassori e Bolelli come da pronostico) è chiamata a difendere l’insalatiera conquistata nel 2023 da Jannik e i suoi fratelli, sulla scia dell’età dell’oro del nostro sport.
In una finale a senso unico, come ampi stralci di questa stagione bellissima e tremenda che lascia ancora sospeso il caso Clostebol nelle mani del Tas, chiamato a decidere sul ricorso presentato dall’antidoping mondiale contro la sentenza di proscioglimento di primo grado, tutto passa attraverso il servizio che Fritz, da oggi n.4, sembra aver affilato in semifinale con Zverev (l’americano apre con un ace a 214 km all’ora) ma Sinner è un muro in risposta e nel game più lungo della partita, il settimo del primo set sul 3-3, alla quarta palla break si prende prima il vantaggio, poi il parziale (6-4) e infine, con un altro break sul 2-2, il match. Sotto la pioggia di coriandoli, riecco l’esultanza sobria della stagione dei fantasmi, il sorriso accennato, le emozioni trattenute che soltanto l’affetto travolgente del palazzetto di Torino riesce a scongelare: «Come sensazioni, rispetto all’anno scorso, non c’è paragone — dice —. Non c’è posto più bello in cui chiudere la stagione Atp. Ho vinto però il lavoro non smetterà mai, ho margine di miglioramento».
Fa più fatica a stappare la bottiglia di spumante che a mettersi in tasca le Finals, poi gli dicono che la coppa la deve alzare, non basta abbracciarla, e lui esegue, docile e sfinito. Al Principi di Piemonte transennato per contenere l’amore folle dei tifosi, la quattordicesima cena in albergo con il team e i genitori (ospiti nello stesso hotel) santifica il trionfo che sigilla l’anno degli 8 titoli, due Slam e tre Master 1000, delle 70 vittorie su 76 incontri giocati, delle Atp Finals sbranate dal campione di casa come Adriano Panatta fece con gli Internazionali del Foro Italico nel ‘76, il primo re senza perdere per strada un set dal 1986 (Lendl).
A pochi giorni dal ritiro di Rafa Nadal in Coppa Davis, i Big Three non sono mai sembrati così lontani e obsoleti. Federer buono per gli spot degli sponsor, Djokovic prepensionato proprio da Sinner, la generazione Next Gen imbambolata davanti al talento italiano che ha bruciato tutti sul tempo, incluso quell’Alcaraz che ritroverà a Malaga in Davis potendo tirarsela, con l’understatement tipico di chi già pensa a come arricchire colpi e tattica, da maestro. Umile, ma maestro.
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