Con Ho mentitoDamso torna alla ribalta. Nonostante avesse promesso una pausa fino al 2025, il rapper ha sorpreso tutti annunciando l'uscita di questo nuovo album il 15 novembre, che precede quello che dovrebbe essere il suo ultimo, Beyahil prossimo maggio.
Questi 11 nuovi titoli si rivelano in un'estetica oscura e complessa, con un lirismo tagliente, a volte prosaico. Lavoro ambizioso, Ho mentito. illustra ancora una volta la capacità dell'artista belga di sperimentare e oltrepassare i confini musicali, ma non senza sollevare interrogativi sulla rilevanza e la profondità del suo intervento.
Innegabile maestria musicale
Quando si tratta di esplorazione sonora, Damso brilla ancora. Questa nuova opera è un mosaico di stili che trascendono i confini del rap tradizionale. L'amapiano fa un'incursione sorprendente, mentre lo shatta si mescola ad orchestrazioni sinfoniche elettroniche. Ogni pezzo si distingue per una composizione musicale originale, pensata per affascinare, dal malinconico 24 ore fa all'ovattata introspezione di Damsautiste.
La partecipazione di Angèle a Prova tutto porta una gradita leggerezza. La morbidezza della sua voce si unisce ad una chitarra discreta, evocando un goffo ma sincero tentativo di conciliazione romantica.
Finalmente, La strada è morta si distingue dalla massa per il suo lato poetico e il suo minimalismo strumentale: un basso ovattato, archi eterei e un testo (finalmente?) interessante. Questa traccia è un raro momento di autenticità ed eleganza in un album spesso deliberatamente abrasivo.
Il peso delle parole: tra introspezione e provocazione
Se Damso mostra ricchezza musicale, il lirismo resta un terreno più accidentato. Pensato per essere introspettivo, l'album affronta temi oscuri: violenza, misoginia e una ricerca di identità a volte confusa. sedotto, Gli Unrockuptible descriviamo questo progetto come una riflessione sulla violenza maschile: “Damso ci chiede una cosa semplice, eppure così difficile da mettere in discussione: da dove viene la violenza degli uomini, con la ‘h’ minuscola?” Un'analisi che risuona in pezzi come Damsautiste O Monydove il rapper esplora il suo disagio e la sua dualità interiore.
Tuttavia, alcune canzoni faticano a trascendere la provocazione gratuita. CROMOche apre l'album, crolla sotto il peso di volgarità poco originali, dove insulti e invettive prendono il sopravvento su ogni ambizione artistica. Il testo sembra voler scioccare più che esprimere un pensiero coerente o sorprendente. Altri pezzi come Lasciami in pace offrono introduzioni promettenti (archi sottili, batteria energica) ma mancano di coerenza.
Tra lampi e ridondanze
Damso è innegabilmente un virtuoso delle parole, gioca con rime e suoni come un architetto gioca con i suoi materiali. Tuttavia, questa maestria è talvolta eclissata da una pesantezza tematica. La ripetizione di insulti e immagini misogine stanca e solleva interrogativi: si tratta davvero di introspezione o semplicemente della ripetizione di una provocazione già sentita mille volte?
Una scorta
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Alla fine della giornata, Ho mentito. offre una dimostrazione impressionante della tavolozza musicale di Damso, ma vacilla sotto il peso di un lirismo troppo spesso improntato alla violenza gratuita. Se l'obiettivo era provocare, ha avuto successo. Ma a quale costo artistico?
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