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L'FC Porto era debole dove era forte e il Benfica era più forte in tutto

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Ciò che resta del classico Luz. In realtà i Dragons non hanno giocato a Porto, ma questo non ha niente a che vedere con dedizione o aggressività. I rossoneri sono stati sempre superiori, con e senza palla

C'è un motivo per ribaltare questo classico. Per quanto merito abbia avuto, e abbia avuto, il Benfica, non ricordo di aver visto un FC Porto così permeabile come ieri.

I Reds sarebbero potuti arrivare al riposo con un vantaggio illuminante, che alla fine avrebbe portato contorni ancora più drammatici nella ripresa. Per dimostrare la tesi basta anticipare come scenario quanto accaduto dopo il 2-1, anche se sappiamo tutti che il calcio non segue un'unica strada.

Ci sono molti incroci in 90 minuti. Alcuni sono stati creati addirittura da coloro che presumibilmente amano la squadra che sostengono, come i gesti infantili provenienti dagli spalti, che hanno interrotto lo slancio della loro squadra e hanno persino aperto la strada al pareggio, praticamente cadendo dal cielo contemporaneamente a Otamendi ( altro errore inspiegabile). Fino ad allora c'erano stati solo uno o due brividi di Trubin, causati da Galen da lontano.

Una nota su quanto detto da Ruben Amorim: la differenza tra i grandi e gli altri. Quelli grandi non stanno diventando più grandi, ma i più piccoli potrebbero diventare più piccoli

Però oltre al gol, alla palla sul palo e ai vari approcci alla porta di Diogo Costa, è venuta fuori l'idea di facilità per gli uomini di Bruno Lage.

La partita non è mai sembrata complessa per il Benfica. Merito dei rossoneri, sì, ma evidente demerito degli ospiti. Si nota nel modo in cui la squadra di Lage è riuscita a dribblare la pressione del Porto – una grande partita di Tomás Araújo, il migliore in campo – e poi ha trovato un varco nel semispazi per il passaggio verticale. In due, tre passaggi le aquile si sono avvicinate all'area avversaria. Visibile anche l'esplorazione del canale interno tra centrale e terzino sinistro da parte di Aursnes e Bah, con Di María a fungere da catalizzatore o riferimento, che ha portato alla conferma del trionfo.

I Reds dominano la partita quasi dall'inizio alla fine e solo con il gol di Samu, dopo l'errore di Otamendi, i biancoblù creano il vero pericolo.

I draghi erano troppo distanti tra loro, senza coesione, spesso disorganizzati, e venivano pesantemente penalizzati. Interessante, se i riflettori sono puntati sull'asse difensivo e anche sui terzini, la mancanza di copertura doppio pernoformato da Varela ed Eustáquio, sono evidenti nel secondo e terzo gol dei Reds.

L’ho detto prima e continuo a credere che questo FC Porto sia in un anno zero. E un anno zero non giustifica (ammesso che lo giustifichi) scendere negli spogliatoi a gridare ai giocatori o protestare all'Olival. Anche con le richieste che esistono a Dragão.

I cambiamenti sono stati tanti e, anche se il lavoro svolto è riuscito a mascherare l'ennesimo calo di qualità della rosa – Vítor Bruno è alla ricerca delle coppie giuste di difensori e centrocampisti dall'estate – e tutti i cambiamenti fatti, e le crepe sarebbero apparire naturalmente un giorno. L'avvio in campionato è stato esemplare, salvo il confronto con le dirette rivali e pensare che il club possa uscire da una situazione finanziaria comatosa verso una dimensione calcistica simile a quella degli altri candidati sarebbe sempre uno scenario eccessivamente ottimistico.

È stato un Benfica che pensava in piccolo a recarsi a Monaco e a perdere contro il Bayern. I calciatori se ne sono accorti, lo hanno verbalizzato e l’errore potrebbe costargli caro in futuro

Naturalmente si può parlare di un approccio più cauto da parte dell'FC Porto, anche se non al livello del Benfica a Monaco, ma comunque al di fuori della sua natura più controllante. Qualcosa che forse c'entra con l'atteggiamento dell'allenatore nei confronti della squadra dopo la sconfitta della Roma in Europa League. Oppure era solo una strategia sbagliata.

Nella prima fase di costruzione ci sono state anche molte difficoltà nel superare la pressione dei Reds, che era molto alta e aggressiva, e se non rubavano palla la costringevano al colpo recuperandola così per un altro attacco.

Il Benfica è tornato alla comodità del 4x3x3, che ancora una volta si è dimostrato competente in entrambi i momenti – evidenziando ancora una volta, al contrario, la sciocchezze Monaco –, con e senza palla, che coincide con la qualità di una delle sue figure principali: Aursnes. Ha pressato bene e ha sempre saputo uscire dalla contropressione, attirando al limite i giocatori di Vítor Bruno. Poi, ha sfruttato lo spazio e ha saputo far male. Carreras ha sottolineato ancora una volta la sua crescita, Di María ha mostrato cosa può ancora fare nel decidere (strepitoso il 2-1) e Florentino ha sottolineato il bisogno che tutti gli allenatori hanno di lui quando hanno bisogno di equilibrio.

L'allenatore dell'FC Porto si è rammaricato sia del risultato che della prestazione nel Clásico, soprattutto nel secondo tempo, e si è incolpato per la pesante sconfitta

Il Benfica esce meglio dalla classica e vede, con l'addio di Rúben Amorim da uno Sporting in estasi, una luce in fondo al tunnel nella corsa al titolo. Ma non tutto è perfetto, come abbiamo visto contro Farense.

Le due sconfitte consecutive mettono in allerta l'FC Porto. È vero che può ancora correggere il risultato con i suoi rivali nel girone di ritorno, a Dragão, ma ci sono delle crepe che devono essere coperte al più presto. La pausa dovrà farlo.

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