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Hassan Guerrar, per il suo film “Barbès, piccola Algeria”

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Hassan Guerrar è uno degli addetti stampa più influenti e leggendari del cinema francese. Da 40 anni difende i film davanti ai media e ai giornalisti, curandone le uscite e i piani di comunicazione, in particolare i film di Patrice Chéreau, Claude Miller, Abdelatif Kéchiche, Céline Sciamma e ancora di Audrey Diwan.

Ha costruito la reputazione di alcuni film come “La Haine” o “La Vie d’Adèle”. Augustin Trapenard dice di lui: “La vita di Adèle deve a lui il suo destino, non ci sarebbe Kechiche senza Guerrar”. Quando un film gli piace, lotta perché la gente ne parli. Tutti i programmatori di Parigi lo conoscono e conoscono anche i suoi artigli, la sua rabbia. M la rivista mondiale la scorsa settimana gli ha dedicato un lunghissimo ritratto, “La Leggenda di Barbès”.

È la prima volta che si mette sotto i riflettori presentando il suo primo film da regista, “Barbès, piccola Algérie”, in uscita domani.

Da agente a regista

Chi ama parlare degli altri, chi è estremamente modesto, ora deve parlare di se stesso e del suo film, e lo trova angosciante. “Ho una paura tremenda di ricevere quello che ho appena vissuto lì in una trentina di città. Il pubblico che viene e che mi racconta tutte le sue storie e soprattutto non mi chiede una foto o un autografo, mi dice solo “Amo. te.” E il fatto che la gente mi dica “ti amo”, in questo film, tutto l’amore che non ho mai ricevuto dai miei genitori, in vita mia. È la prima volta in cui mi sento amata, in cui sento davvero tanto amore e non l’ho mai avuto in vita mia, nemmeno da mia madre, nemmeno da mio padre, nemmeno dai miei fratelli. Sono abbastanza sconvolto da quello che sta succedendo e non capisco come sono qui oggi a Inter dove mi hanno accolto a braccia aperte e con tanto amore. Sono estremamente toccato, sopraffatto e, davvero, voglio dire grazie.”

Inizialmente, era un corriere in una scatola di distribuzione. Quando ha iniziato come addetto stampa, non sapeva nemmeno leggere e scrivere. All’inizio gli fu chiesto di sacrificare il suo nome. All’inizio della sua carriera si chiamava François: Hassan Gerrar: “Quando ho iniziato come addetto stampa, vivevo in squat, non sapevo leggere, non sapevo scrivere. Penso di essere come questi Barbesiani, avevo un vero istinto di sopravvivenza. Devo la mia formazione al cinema.”

Il suo film “Barbès, la piccola Algeria”

Secondo Léa Salamé è un film accattivante, commovente, intimo e vivace. È la storia di un uomo e di un quartiere, quello di Barbès. Per Hassan Guerrar è il quartiere più conosciuto e allo stesso tempo più sconosciuto della capitale. L’uomo è Malek, il suo alter ego, un algerino sbarcato in Francia, che indoviniamo subito abbia una storia familiare tormentata. Ha problemi con la madre e ha lasciato fantasmi e conflitti in Algeria. Malek è interpretato da Sofiane Zermani, chi è il rapper Fiansoche fa letteralmente esplodere davanti alla telecamera. Irrompe sullo schermo, è lo sbocciare di un attore. Hassan Guerrar dice che Roschdy Zem gli ha fatto il più grande favore rifiutando il ruolo, spiegando che era troppo vecchio per lui. Poi l’ha avuto un vero favorito per Sofiane Zermani, come racconta: “Ha uno sguardo intenso. Quando guardi i suoi occhi, senti che c’è una crepa. E soprattutto, per il burro, oggi, è di rara modernità. Ed è un attore enorme, enorme.

Hassan Guerrar parla del quartiere di Barbès: “Che sia un algerino, che sia un francese, che sia un rumeno, uno che arriva a Barbès, che non ha niente da mangiare, va ovunque. E lì, entra in un café e dice: ‘Ho fame’ Là, hai tutto il ristorante in piedi. Ma no, non sono i clienti che pagano e chi ti dice, sai, viene tutti i giorni Quindi, offrendotelo una chorba, non è molto ed è quello che ho conosciuto a Barbès.

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