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meno New Romance e più equità sociale, Rachida Dati vuole attaccare il totem macroniano: Libération

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In un articolo su “Le Monde”, il ministro della Cultura, sopravvissuto allo scioglimento, difende una nuova gestione delle spese del sistema, prendendo di mira i beneficiari più modesti e riservando una parte dell’abbonamento allo spettacolo dal vivo;

Questa era una delle aspettative del bilancio 2025, che sta prendendo sempre più forma sotto la penna del ministro della Cultura. All’indomani della presentazione del PLF 2025, Rachida Dati ha annunciato, in un editoriale sul Mondo, della sua volontà di riformare radicalmente il Pass Cultura, totem della politica culturale di Emmanuel Macron, i cui costi elevati e i cui effetti sono fortemente contestati dagli operatori del settore.

Cinque anni dopo la sua introduzione, il ministro di LR, che si è unito a Emmanuel Macron e che è sopravvissuto allo scioglimento, suggerisce di porre fine a ciò che ha reso originale il sistema: la sua universalità. Una busta da 300 euro per tutti i giovani dai 18 anni, indipendentemente dal ceto sociale, da spendere come desiderano per la cultura, in tutte le sue forme.

Se lei assicura di no “rinunciare all’universalità del sistema”, Dati intende far evolvere la vocazione della carta culturale, ovvero “correggere le disuguaglianze di destino”. Senza entrare nei dettagli, Rachida Dati vuole che il lasciapassare lo sia “più oltre [accessible] ai giovani di modeste condizioni, senza trascurare le classi medie”, e meno ai giovani delle classi benestanti. Altro progetto: il ministro, che non ha mancato di notare che l’abbonamento non veniva quasi mai utilizzato per far entrare gli adolescenti nelle sale di spettacoli dal vivo, intende riservarne una parte a questo scopo. Anche in questo caso non viene visualizzata alcuna percentuale, ma un’osservazione: nell’uso personale dell’abbonamento, l’1% dei fondi viene destinato agli spettacoli dal vivo.

Ritorno alla “democratizzazione culturale”

Di fronte a questa constatazione di 210 milioni di euro all’anno dalla sua attuazione nel 2019-2020, generalizzata a 3,4 milioni di persone nel 2021, gli stessi attori culturali avevano lanciato l’allarme. Come è possibile che il denaro pubblico continui a finanziare aiuti cospicui definiti in modo così vago da avvantaggiare solo le vendite delle grandi industrie culturali, degli editori di New Romance o di manga, a scapito delle strutture più fragili? Tutto questo, senza incoraggiare il pubblico giovane ad assistere a spettacoli o opere a cui altrimenti non si sarebbe rivolto.

Con un budget di 4,45 miliardi di euro, copia fedele del budget 2024, il Ministero della Cultura intende indirizzare meglio le proprie spese. Per quanto riguarda l’abbonamento cultura, la quota versata direttamente ai giovani sarà quindi ridotta. Abbastanza per segnare la morte dello spirito originario del sistema, secondo il sociologo specializzato in pratiche culturali adolescenziali Tomas Legon. “La tessera ha rappresentato una modesta forma di innovazione nella politica culturale” consentendo agli adolescenti di scegliere le proprie pratiche. “Qui si ritorna all’obiettivo classico degli anni Cinquanta della “democratizzazione culturale”, distinguendo le pratiche “buone” da quelle “cattive” e considerando che ci sono cose meno culturali di altre”, commenta per l’AFP.

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