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Con Michel Blanc, una passeggiata all’ombra dei nostri tempi

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Quanto è difficile vedere questi fari che speravamo fossero eterni lasciare a loro volta questo mondo. Perché ci mancheranno, perché la nostalgia non è mai lontana dai ricordi che riportano, perché la loro scomparsa ricorda anche per noi il tempo che passa. Michel Blanc, di cui abbiamo appreso la morte questo venerdì all’età di 72 anni a seguito di un infarto, è stato uno di quei potenti indicatori capaci di unire diverse generazioni attorno a riferimenti comuni. In un’epoca di eccessiva individualizzazione e di vite che la tecnologia barrica sempre più nel su misura, l’immenso attore è stato l’apostolo del prêt-à-porter in tutta la sua nobiltà: ha riunito persone, persone che non avevano paura di riunirsi o di essere nello stesso modo.

Se la grandezza di un uomo si misurasse dal segno che ha lasciato, Michel Blanc sarebbe un gigante. Le sue battute hanno attraversato i secoli durante i suoi cinquant’anni di carriera e sono diventate parte del patrimonio culturale del mondo francofono. Jean-Claude Dusse è uno dei personaggi più famosi del cinema francese. Famoso e celebrato: chi non canta o non sente “Quando ti rivedrò…” su uno skilift? Chi non vuole o non intende discutere della piantagione del bastone? Chi non lo pensa, a causa di un malinteso…?

Aveva la profondità dei veri clown

Michel Blanc incarna questo umorismo scolastico ma mai stupido, piacevole senza essere piatto, che ha fatto il periodo d’oro della commedia francese. Rivedere i suoi film può avere addirittura valore documentaristico, come un viaggio indietro nel tempo in un’epoca in cui la risata non poteva essere altro che risata, senza essere assolutamente politicizzata. La risata è abbracciata per se stessa e non per ciò che rappresenta (o potrebbe rappresentare), la risata per ciò che porta, la risata perché fa bene alla salute. Compreso quello degli ultrasensibili che sono pronti a ribellarsi e a castigare.

In immagini: In immagini – Michel Blanc, la vita di un gigante della commedia

La filmografia di Michel Blanc dimostra anche che è possibile, nella vita, cambiare registro. Che nessuno ha bisogno di limitarsi alla leggerezza o alla gravità. Che puoi essere sia rilassato che serio. L’attore aveva la profondità dei veri clown, come testimoniano le sue passeggiate all’ombra dei pregiudizi (il sulfureo Abiti da sera), AIDS (nello sconvolgente I testimoni), solitudine (toccarlo Ti trovo molto bella) o potere (il convincente L’esercizio di Stato).

Dobbiamo quindi considerare Michel Blanc definitivamente perduto? Fortunatamente no, e questa prospettiva allevia il dolore. L’artista non c’è più ma resta la sua opera, che continuerà ad essere presente, questa cosa strana diventata tristemente obsoleta. E non solo per gli anziani: riunirà comunque un vasto pubblico transgenerazionale nella condivisione di una cultura comune. Ecco, sento che intendo concludere.

Il nostro tributo: Michel Blanc è morto, e non è un malinteso

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