DayFR Italian

Messa e beatificazione di Anna di Gesù – ZENIT

-

“Colui che è motivo di scandalo, occasione di inciampo, per uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse legata al collo una di quelle macine che fanno girare gli asini, e che fosse gettato al mare” (Mc 9, 42). Con queste parole, rivolte ai discepoli, Gesù mette in guardia dal pericolo di scandalizzare, cioè di ostacolare il cammino e di ferire la vita dei “piccoli”. Questo è un avvertimento forte, un severo avvertimento su cui dobbiamo fermarci e riflettere. Vorrei farlo con voi, anche alla luce di altri testi sacri, attraverso tre parole chiave: apertura, comunione e testimonianza.

Innanzitutto, ilapertura. La prima lettura e il Vangelo ce ne parlano, mostrandoci l’azione gratuita dello Spirito Santo che, nel racconto dell’Esodo, riempie del suo dono di profezia non solo gli anziani che accompagnarono Mosè nella tenda del convegno, ma anche due uomini rimasti nell’accampamento.

Questo ci fa riflettere, perché se all’inizio era scandaloso che fossero assenti dal gruppo degli eletti, dopo il dono dello Spirito è scandaloso vietare loro di esercitare la missione che tuttavia hanno ricevuto. Questo lo capì bene Mosè, uomo umile e saggio, che, con mente e cuore aperti, disse: «Se il Signore potesse fare di tutto il suo popolo un popolo di profeti!». Se il Signore potesse mettere su di loro il suo spirito! » (N.B 11, 29). Un bellissimo presagio!

Sono parole sagge, che prefigurano ciò che Gesù dirà nel Vangelo (cfr. Mc 9, 38-43, 45, 47-48). Qui la scena si svolge a Cafarnao, e i discepoli vorrebbero impedire a un uomo di scacciare i demoni in nome del Maestro, perché – dicono – “non è di quelli che ci seguono” (Mc 9, 38), cioè “non è del nostro gruppo”? La pensano così: «Chi non ci segue, chi non è “uno di noi” non può fare miracoli, non ha il diritto di farlo». Ma Gesù li sorprende – come sempre Gesù sorprende, ci sorprende – e li sorprende e li rimprovera, invitandoli ad andare oltre i loro schemi, a non lasciarsi “scandalare” dalla libertà di Dio. Disse loro: “Non impeditelo […] chi non è contro di noi è per noi” (Mc 9, 39-40).

Osserviamo attentamente queste due scene, quella di Mosè e quella di Gesù, perché riguardano anche noi e la nostra vita cristiana. Tutti, infatti, abbiamo ricevuto, mediante il battesimo, una missione nella Chiesa. Ma è un dono e non un titolo di cui vantarsi. La Comunità dei credenti non è una cerchia di privilegiati, è una famiglia di salvati, e noi non siamo inviati a portare il Vangelo nel mondo per i nostri meriti, ma per la grazia di Dio, per la sua misericordia e per la confidiamo che, al di là di tutti i nostri limiti e dei nostri peccati, Egli continua a porre in noi con amore di Padre, vedendo in noi ciò che noi stessi non riusciamo a percepire. Per questo ci chiama, ci invia e ci accompagna pazientemente giorno dopo giorno.

Perciò, se vogliamo collaborare, con amore aperto e benevolo, all’azione libera dello Spirito senza essere di scandalo, di ostacolo per nessuno con la nostra presunzione e la nostra rigidità, dobbiamo compiere la nostra missione con umiltà, gratitudine e gioia. Non dobbiamo risentirci, ma rallegrarci che anche altri possano fare quello che facciamo noi, affinché il Regno di Dio possa crescere e noi tutti un giorno saremo riuniti tra le braccia del Padre.

Questo ci porta alla seconda parola: comunione. San Giacomo ce lo racconta nella seconda lettura (cfr. Jc 5,1-6) con due immagini forti: le ricchezze corrotte (cfr v. 3) e le proteste dei mietitori che giungono alle orecchie del Signore (cfr v. 4). Ci ricorda così che l’unica strada della vita è quella del dono, dell’amore che unisce nella condivisione. La strada dell’egoismo genera solo chiusure, muri e ostacoli – “scandali”, appunto – che ci incatenano alle cose e ci allontanano da Dio e dai fratelli.

L’egoismo, come tutto ciò che impedisce la carità, è “scandaloso” perché schiaccia i piccoli, umiliando la dignità delle persone e soffocando il grido dei poveri (cfr. Sal 9, 13). E questo era vero sia ai tempi di San Paolo che per noi oggi. Quando alla base della vita delle persone e delle comunità si pongono i principi esclusivi dell’interesse personale e della logica del mercato (cfr Esort. ap. la gioia del Vangelonn. 54-58), il risultato è un mondo dove non c’è più spazio per chi è in difficoltà, né misericordia per chi sbaglia, né compassione per chi soffre e non ce la fa. uscire. Non ce n’è uno.

Pensiamo a cosa accade quando i piccoli vengono scandalizzati, feriti, maltrattati da chi dovrebbe prendersi cura di loro, alle ferite della sofferenza e dell’impotenza, innanzitutto nelle vittime, ma anche nelle loro famiglie e nella comunità. Con il cuore e con la mente torno ai racconti di alcuni di questi “piccoli” che ho conosciuto l’altro ieri. Li ho ascoltati, ho sentito la loro sofferenza per aver subito abusi e lo ripeto qui: nella Chiesa c’è spazio per tutti, tutti, tutti, ma tutti saremo giudicati e non c’è spazio per gli abusi, non c’è spazio per le coperture sugli abusi. Chiedo a tutti: non nascondete gli abusi! Chiedo ai vescovi: non nascondete gli abusi! Condannare gli autori di abusi e aiutarli a guarire dalla malattia dell’abuso. Il male non deve essere nascosto: il male deve essere svelato in piena luce, deve essere conosciuto, come hanno fatto alcune persone maltrattate, e con coraggio. Fatelo sapere. E lasciamo che chi abusa sia giudicato. Sia giudicato l’abusatore, laico, sacerdote o vescovo: sia giudicato.

La Parola di Dio è chiara: dice che le “proteste dei mietitori” e il “grido dei poveri” non possono essere ignorati, non possono essere cancellati come se fossero una nota discordante nel perfetto concerto del mondo del bene. , e non possono nemmeno essere soffocati da una forma di beneficenza di facciata. Al contrario, sono voce viva dello Spirito, ci ricordano chi siamo – siamo tutti poveri peccatori, tutti, io per primo –; e le persone abusate sono un grido che sale al cielo, che tocca l’anima, che ci svergogna e ci invita alla conversione. Non ostacoliamo la loro voce profetica mettendola a tacere con la nostra indifferenza. Ascoltiamo cosa dice Gesù nel Vangelo: lontano da noiocchio scandaloso chi vede il bisognoso e si allontana: lontano da noi principale scandaloso, che chiude il pugno per nascondere i suoi tesori e si ritira avidamente nelle sue tasche! Mia nonna diceva: “Il diavolo entra dalle tasche”. Questa mano che colpisce per commettere un abuso sessuale, un abuso di potere, un abuso di coscienza contro i più deboli. E quanti casi di abuso abbiamo nella nostra storia, nella nostra società! Lontano da noi pied scandaloso, che corre veloce non per essere vicino a chi soffre, ma per “scavalcare” e stare lontano! Buttiamo via tutto questo da noi! Niente di buono e solido è costruito in questo modo! E una domanda che mi piace fare alle persone: “Fai l’elemosina?” – Sì, padre, sì! – E dimmi, quando fai l’elemosina, tocchi la mano di chi ha bisogno, oppure la butti via così e distogli lo sguardo? Guardi negli occhi le persone che soffrono? » Pensiamoci.

Se vogliamo seminare per il futuro, anche a livello sociale ed economico, ci sarà utile ricominciare a mettere il Vangelo della misericordia alla base delle nostre scelte. Gesù è misericordia. La misericordia è stata mostrata a tutti noi. Altrimenti, per quanto imponenti possano apparire, i monumenti della nostra opulenza saranno sempre giganti dai piedi d’argilla (cfr. Dn 2, 31-45). Non facciamoci illusioni: senza amore niente dura, tutto scompare, si disintegra e ci lascia prigionieri di una vita effimera, vuota e senza senso, di un mondo inconsistente che, al di là delle facciate, ha perso ogni credibilità. Per quello ? Perché lui scandalizzarono i più piccoli.

Arriviamo così alla terza parola: il testimonianza. Possiamo trarre ispirazione in questo dalla vita e dall’opera di Anna di Gesù, Anna di Lobera, nel giorno della sua beatificazione. Questa donna fu una delle protagoniste, nella Chiesa del suo tempo, di un grande movimento di riforma, seguendo le orme di una “gigante dello spirito” – Teresa d’Avila – di cui diffuse le opere. ideali in Spagna, in Francia e anche qui a Bruxelles, in quelli che allora si chiamavano Paesi Bassi spagnoli.

In tempi segnati da dolorosi scandali, dentro e fuori la comunità cristiana, attraverso la loro vita semplice e povera, fatta di preghiera, lavoro e carità, loro e i loro compagni hanno saputo riportare alla fede tante persone, al punto che qualcuno ha chiamato loro fondazione in questa città una “magnete spirituale”.

Per scelta non ha lasciato scritti. Si impegnò piuttosto a mettere in pratica ciò che aveva imparato (cfr. 1 Co 15,3) e, con il suo stile di vita, ha contribuito a risollevare la Chiesa in un momento di grandi difficoltà.

Accogliamo dunque con gratitudine il modello di “santità femminile” che Ella ci ha lasciato (cfr Esort. ap. Rallegratevi e gioiteN. 12), delicato e forte. La sua testimonianza, come quella di tanti fratelli e sorelle che ci hanno preceduto, nostri amici e compagni di viaggio, non è lontana da noi: è vicina, ci è addirittura affidata perché possiamo farla nostra, attraverso rinnovando l’impegno a camminare insieme sulle orme del Signore.

Related News :