È morto a 96 anni Jean-Marie Le Pen, fondatore del Fronte Nazionale

È morto a 96 anni Jean-Marie Le Pen, fondatore del Fronte Nazionale
È morto a 96 anni Jean-Marie Le Pen, fondatore del Fronte Nazionale
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E all’improvviso, nell’ambulanza che lo ha trasportato dopo un infarto “ritenuto grave” dai medici, nell’aprile 2023, Jean-Marie Le Pen ha iniziato… a cantare. Un modo di sfidare la morte che avrà sfidato fino alla fine. “È stata presente per tutta la mia vita. Quindi non lo temo, non mi spaventa», ci confidò qualche giorno dopo quell’incidente, mentre leggeva il libro della sua vita: la scomparsa di suo padre a bordo di un peschereccio sotto una mina tedesca, quando avrà 14 anni; l’esplosione dell’appartamento parigino di Villa Poirié (XV secolo) nel novembre 1976, che portò via quasi tutta la sua famiglia sotto i 4 kg di dinamite piazzati davanti alla sua porta; e i numerosi problemi di salute che, negli ultimi anni, hanno costellato la sua vita quotidiana.

“Cammino con un bastone, sento sempre meno bene e leggo con una lente d’ingrandimento. Vivo, sopravvivo. Riempio i buchi mentre procedo. Ma non sono ancora nella scatola di legno! », provocò ancora qualche mese fa. Prima che le sue condizioni peggiorassero improvvisamente nelle ultime settimane. Alla fine la morte venne a cercarlo nella sua 96esimo anno.

Jean-Marie Le Pen ha avuto mille vite: pescatore, minatore sotterraneo, geometra, volontario nel 1° reggimento paracadutisti (dove si imbarcò per l’Indocina, la crisi di Suez e la guerra d’Algeria), proprietario anche di una casa editrice discografica, e poi, ovviamente, la politica.

Eletto deputato più giovane nel 1956 all’età di 27 anni, prima di svolgere il suo ultimo mandato sessantatré anni dopo, quello di parlamentare europeo, nel luglio 2019… a 91 anni. Longevità senza rivali. In mezzo a tutto questo, il Fronte Nazionale, l’opera della sua vita, passò dallo status di piccolo gruppo di estrema destra nel 1972 a quello di protagonista della vita politica francese, cosa che lo avrebbe portato al secondo turno elettorale. presidenziale nel 2002.

Scoppi vili per mantenere l’immagine di essere asociale

Di lui i francesi ricorderanno l’immagine di un piantagrane che avrà installato in modo permanente i temi dell’immigrazione e dell’insicurezza nelle campagne elettorali. “Sono uno scout”, si è definito il padre di Marine Le Pen.

PODCAST (in onda nel 2019). Crepuscolo di Jean-Marie Le Pen

Capace anche degli sfoghi più ignobili per mantenere questa immagine fuori dal mondo: il famoso caso “dettaglio” sulle camere a gas nel 1987, la sua amicizia ripetuta più volte per il maresciallo Pétain, l’occupazione tedesca che non giudicava” non così disumani” nel 2005, i malati di AIDS che anni prima aveva descritto come “AIDS”, “crematorio Durafour”, il “lotto” di Patrick Bruel, o anche “Mgr Ebola” nel 2014 per risolvere il problema demografico in Africa.

Commenti che ogni volta gli sono valsi condanne legali, in particolare per aver sostenuto crimini di guerra e contestato crimini contro l’umanità, ma anche per aver provocato l’odio razziale.

Jean-Marie Le Pen, però, non ha mai espresso il minimo rimorso: “L’idea dello slittamento mi ripugna. Sono un uomo libero. Nessuna redenzione, nessuna autocensura. È troppo faticoso”, ci raccontava negli ultimi anni della sua vita, e aggiungeva: “Se provocavo shock, non era mai un problema per me, ma per gli altri. Non chiedo di essere amato. » Provocazione, fino alla fine.

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