Alla corte di Avignone è dunque ripresa la frenesia mediatica, dopo una pausa di qualche giorno. Giornalisti stanchi e curiosi impazienti arrivano la mattina presto, tutti impazienti di assistere all'evento accuse contro i due rappresentanti del pubblico ministero, Laure Chabaud e Jean-François Mayet. La pronuncia delle sentenze previste per ciascuno dei coimputati è un passo verso l'esito di questo lungo processo. I due magistrati avevano intenzione di farlo si alterneranno per sostenere l'accusa contro i 51 imputati, fino a mercoledì, con l'ordine però di rispettare il calendario fissato dal presidente Roger Arata.
Un tempo d'udienza ritenuto tuttavia troppo breve, da Jean-François Mayet. Il procuratore generale, che parla per primo, fa il punto e torna sulla dimensione straordinaria di questo processo in tutti i suoi aspetti. E poi, si rivolge direttamente a Gisèle Pelicot: “Lei, signora, avete voluto che i dibattiti fossero pubblici, avete avuto ragione, affinché la vergogna cambi lato (…) per i vostri figli, coniugi e nipoti, tutte vittime dell'orrore”, salutando “resilienza ammirevole” et”dignità” della principale vittima di questo processo.
Il magistrato torna sui fatti e sulla loro”gravità inimmaginabile”sostenuto da “20.000 foto e video, 200 fatti di penetrazione di un corpo inerte, (…) mente e coscienza [de la victime] essere disconnessi (…) mediante anestesia generale per resistere a queste ripetute aggressioni fisiche”.
Il tono è impostato.
Laure Chabaud apre questa lunga fase di requisizioni con “la chiave di volta” di questo fascicolo, Dominique Pelicot, presentando la sua sintesi delle udienze e le dichiarazioni del principale imputato. Ritorna a suna personalità, nata da a“Storia di famiglia confusa (…) con punti di riferimento problematici“, unon entra in una sessualità traumatica, vittima secondo le sue dichiarazioni di abusi sessuali e domande”storie inventate per i bisogni della causa? ”.
Per l'Avvocato generale non vi è dubbio che il pLa personalità di Dominique Pelicot è strutturata su “modalità perversa (…), il marito premuroso, nonno complice e padre amorevole capace di infliggere con sicurezza un dolore indicibile a sua moglie e alla sua famiglia, attraverso le sue azioni”. Laure Chabaud, nella maratona di lettura della sua requisitoria, in piedi davanti al microfono, presenta il immagini come prova materiale dei fatti, prendendo come esempio questo video girato a Capodannodove vediamo “Gisèle Pelicot sdraiata su un divano, chiede al marito di lasciarla in pace, dicendo che la luce le dà fastidio, che le fa male, ma Dominique Pelicot sente solo la sua sete di sesso e di sottomissione e penetra nella moglie nonostante le sue suppliche”. Per il procuratore generale, in questo caso, l'assenza del consenso e la presentazione della sostanza chimica sono indiscutibili.
Ritorna anche su alcune conversazioni”inequivocabilmente” tra i coimputati sul sito coco.fr in cui viene utilizzata la parola stupro, poi legge ad alta voce i nomi di alcuni file, evidenziando “freddezza emotiva e psicorigidità” del marito di Gisèle Pelicot. Le immagini prendono il nome da sua figlia Caroline “La figlia della mia troia“”, “madre e figlia” O “la mia ragazza nuda“, In “devianza voyeuristica” senza conoscere limiti, nemmeno quelli familiari. “La lettura dei nomi dei fascicoli da parte del procuratore generale è forse più violenta delle immagini“, confida un osservatore presente al pubblico mentre se ne va.
Secondo il magistrato la sottomissione chimica è un'aggravante del reato di stupro. Come possiamo immaginare che Gisèle Pelicot non si sia accorta di nulla, si chiede il magistrato prima di rispondere, con tono improvvisamente più serio: “Non si è accorta di nulla! Presentava numerosi sintomi fisici (…) dolori al basso ventre, emorroidi, infezioni vaginali,” ricordando che all'epoca non era stata effettuata alcuna indagine tossicologica da parte dei medici.
Al termine della sua lunga requisitoria, Laure Chabaud chiede quindi, per il reato di stupro aggravato, vent'anni di reclusione, che è il massimo della pena, contro Dominique Pelicot. UN “soffitto il più lontano“che servirà, ha detto, da modello per le sentenze degli altri coimputati:”Vent'anni tra quattro mura non sono niente, ma non è molto “vista la gravità dei fatti, considerato che il marito di Gisèle Pelicot”N“Non soffre di patologie mentali ed è pienamente consapevole dei divieti sociali”.
Seduta dietro i suoi due avvocati, Antoine Camus e Stéphane Babonneau, Gisèle Pelicot ascolta con attenzione e di tanto in tanto annuisce, come per approvare. Quando l’avvocato generale afferma che la questione del consenso non è stata sollevata”né prima né dopo “, possiamo leggere le stesse parole sulle sue labbra, nello stesso momento in cui vengono pronunciate dall'Avvocato Generale, come se le sapesse tutte a memoria.