I ferrovieri sono stati convocati in sciopero questo giovedì 21 novembre per reclamare un aumento salariale e denunciare lo smantellamento di Fret SNCF. La mobilitazione, che costituiva un riscaldamento prima del movimento sociale di dicembre, ha registrato una scarsa partecipazione.
«E di chi è la stazione? Lei è nostra!” «E di chi è il carico? È nostro!” “E per chi è la neve? Lei è per noi!” Su uno dei binari della Gare de Lyon, nel 12° arrondissement di Parigi, le voci risuonano questo giovedì 21 novembre nella tarda mattinata. Al termine di una nevosa assemblea generale alla quale hanno partecipato un centinaio di ferrovieri, si è formato un piccolo corteo. In uno degli imponenti atri della stazione, poi sulla piazza, i passeggeri osservano sorpresi uno stormo di manifestanti sfilare, bandiere in mano e gilet con i colori dei loro sindacati (soprattutto Ferrovie SUD, un po' ferrovieri CGT) sulle spalle. Il corteo è come la mobilitazione del giorno su scala nazionale: non molto impressionante.
Questo giovedì, i sindacati intersindacali (ferroviari CGT, ferrovie Unsa, ferrovie SUD e ferrovieri CFDT) hanno indetto una giornata di mobilitazione che voleva essere un grande riscaldamento e un ultimatum prima dello sciopero rinnovabile dell'11 dicembre. Nel menù di oggi, due punti centrali: l'aumento degli stipendi giudicati insufficienti dai sindacati (la direzione aveva proposto un aumento del 2,2% durante le trattative annuali obbligatorie che si sono svolte il giorno prima) e, soprattutto, la denuncia dello smantellamento della SNCF trasporto. Dal 1° gennaio 2025, la principale azienda di trasporto merci ferroviario in Francia sarà divisa in due società separate: Hexafret, per le merci, e Technis, per la manutenzione delle locomotive. Il processo prevede inoltre l'abbandono alla concorrenza di 23 collegamenti ferroviari merci. Per il 2026, inoltre, è prevista l’apertura del capitale di Rail Logistics Europe, la divisione di SNCF che riunirà le attività di trasporto merci.
“Le nostre condizioni di lavoro ne soffriranno, anche i nostri salari”
“È importante essere qui solidali con i dipendenti del trasporto merciinsiste Tommaso, tecnico di 25 anni. Già per sostenerli perché saranno migliaia a essere divisi [entre les deux filiales] o pesante [10 % des effectifs doivent être réorientés vers d’autres entités du groupe, ndlr]. Poi perché è un’aberrazione ecologica: sappiamo benissimo che le linee più redditizie continueranno ad essere gestite da attori privati, ma che gli altri rischiano la chiusura passare al trasporto su camion. Ma un camion inquina nove volte di più di un treno merci, senza contare tutte le spese sanitarie pubbliche che ciò comporterà”.
Per i sindacati questi cambiamenti segnano l'inizio della privatizzazione della SNCF. “Ciò che accade al trasporto merci accadrà gradualmente al resto dei servizi. Ovunque andrà sempre peggio. Le nostre condizioni di lavoro ne soffriranno, anche i nostri salari”, lo prevede Mélina Janvrin, una delle voci della RER D (è lei a fare gli annunci al microfono) ed eletta nella CGT dei ferrovieri. Il segretario federale delle ferrovie SUD, Fabien Villedieu, sostiene: “Aprendoci al capitale, privatizzeremo. Il TGV, che è la gallina dalle uova d'oro della SNCF e ci porta miliardi, chi crede veramente che non lo privatizzeremo? Sarà fatto a piccoli passi, ma alla fine il risultato sarà lo stesso. Temiamo questa privatizzazione nel profondo”.
“O andiamo avanti, oppure delle bistecche ce ne freghiamo e tra dieci anni non dovremo più lamentarci”
Solo una forte mobilitazione oggi può impedire il graduale smantellamento dell'azienda pubblica a vantaggio dei gruppi privati, assicura l'intersindacato. Problema: lo sciopero di questo giovedì ha registrato una scarsa partecipazione. Se il traffico sulla RER D (due treni su cinque rispetto al normale), sul TER (sette treni su dieci) o sugli Intercités (uno su due) è stato interrotto, i TGV, Inoui come Ouigo, hanno per loro parte circolava più o meno normalmente. Secondo la CGT, giovedì un ferroviere su quattro ha scioperato, un livello ben lontano dai livelli raggiunti durante la lotta contro la riforma delle pensioni. “Non abbiamo sceltaavverte Fabien Villedieu. O ci mobilitiamo massicciamente insieme, ci muoviamo ed evitiamo di fare come l’Inghilterra che ha impiegato vent’anni dopo la privatizzazione per tornare indietro. O non ci interessa e tra dieci anni saremo tutti in filiali con diritti essenziali e non dovremo lamentarci”.
Venuto a sostenere i suoi ex colleghi, sciarpa blu-bianco-rossa al collo, Bérenger Cernon, deputato (LFI) ed ex ferroviere, da parte sua lancia un appello all'azione “un bel colpo grosso che blocca tutto” dal 11 dicembre per “risparmiare merci e quindi servizio pubblico”. Le quattro federazioni sindacali si incontreranno in serata per discutere della continuazione del movimento.