“Stati nazionali contro le minoranze” Marocco, Algeria, Libia, Egitto, Siria…

“Stati nazionali contro le minoranze” Marocco, Algeria, Libia, Egitto, Siria…
“Stati nazionali contro le minoranze” Marocco, Algeria, Libia, Egitto, Siria…
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Popoli, razze, etnie, lingue, minoranze: questi termini hanno inondato gli scritti dei saggisti europei a partire dal XIX secolo e vengono riappropriati dagli intellettuali del sud del Mediterraneo, qualunque sia il loro rapporto con il regime in vigore, organico o critico. In questo caso è il termine minoranze ad essere oggetto di un attento esame da parte degli otto ricercatori riuniti sotto la guida del FORSEM.

Osserviamo un’asimmetria dal punto di vista di genere (una sola collaboratrice donna), ma viene corretta dalla chiamata a una casa editrice di Casablanca guidata da un’intrepida giornalista saggista: Kenza Sefrioui, che non teme di pubblicare libri manifesto o inchieste freelance in lo stile di Firenze Aubenas, in un Paese che si chiude cautamente in se stesso dopo una fase di apertura ai fermenti di idee che viaggiano per il mondo all’inizio del secolo.

Accademici e attivisti comunitari delle due sponde del Mediterraneo pubblicati da una casa editrice di Casablanca: questo non è banale e merita di essere segnalato. La raccolta degli articoli è concisa, ma densa senza essere ellittica, attenta senza scadere nella fraseologia. Coniuga lo stato delle conoscenze preesistenti e il richiamo a nuove tematiche per esplorare la questione del rapporto tra l’appartenenza a una convinzione e/o una lingua, e l’esercizio di cittadinanza attiva, legata a un progetto di condivisione equa la nazione e le minoranze.

Concentriamoci sulla restituzione fatta in apertura da Tahar Khalfoune sulla genesi del rapporto tra nazionalità e minoranze nell’Europa del XIX secolo.e secolo (illustrato nel 1871 dal dibattito tra Fustel de Coulanges e Mommsen sull’Alsazia-Lorena). Dal noto, verrebbe da dire. Ma si dimentica che la controversia venne trasportata in Medio Oriente e che la concezione tedesca favorevole al sangue, alla terra e alla razza rivestiva il nazionalismo totale arabo, che raggiunse il suo apice sotto Nasser all’inizio degli anni ’60.

Tahar Khalfoune lavora per individuare l’infiltrazione del lessico del sacro islamico nel vocabolario della politica e del diritto nel mondo arabo e sottolinea che il passaggio dalla umma (la comunità religiosa) allo Stato cittadino resta incerto in Algeria, nonostante le richieste per uno Stato civile e democratico portato avanti dal movimento Hirak di cui la minoranza cabila costituisce una leva essenziale. Questo per delineare i contorni della questione annunciata.

Altri testi si concentrano su una minoranza: curda di Hamit Bozarslan con una penna sempre agile e inventiva, ebraica del Marocco con Aomar Boum. Raccontano tutto quello che c’è da sapere sui curdi o sugli ebrei marocchini in 15-20 pagine, il che è una performance. I relatori identificano e ritraggono le minoranze sul loro territorio, senza sollevare un problema come quello della violenza in Kurdistan iniziata nel 1808 con la repressione degli emirati curdi da parte della Sublime Porta, o quello dell’oblio della memoria degli ebrei da parte dei musulmani in Marocco e le possibilità di riconciliazione tra la maggioranza della popolazione e la sua minoranza perduta (3.000 ebrei oggi nel regno sherifiano contro 250.000 nel 1950).

Questi contributori si limitano a una descrizione delle loro minoranze. Questo inventario è condensato parola per parola nel caso della Siria da Akram Kachee. Resta leggero quello dell’Egitto: Clément Steuer privilegia i 120.000 nubiani a scapito dei 9-10 milioni di copti, l’unica minoranza cristiana compatta nel mondo arabo.

Salem Shaker, il fondatore di l’Enciclopedia berberaalza la voce e si scaglia contro le false pretese di promozione dell’amazigh (berbero) come lingua nazionale da parte dell’Algeria nel 2002 e del Marocco nel 2011. In Algeria, l’Alto Commissariato per l’Amazighity (HCA) resta legato alla Presidenza della Repubblica e l’Istituto Reale di Cultura Amazigh (IRCAM) in Marocco nelle mani del Palazzo Reale, invece di essere assegnati, entrambi, come vediamo, al Ministero dell’Istruzione Nazionale o della Cultura.

In entrambi i paesi, le costituzioni del 2002 e del 2011 specificano che l’arabo resta la lingua dello Stato-nazione unitario sollevato contro lo spettro della secessione berbera. E, in Marocco, l’adozione dell’ortografia neo-tifinagh (la lingua scritta tuareg poco conosciuta) riduce l’uso del berbero a un valore patrimoniale, impedendo che scivoli negli spazi d’uso occupati dalle lingue arabe e dal berbero.

L’uso del berbero sì, ma con caratteri latini o arabi. Quindi la prognosi dell’autore è cupa:

il mondo berbero scomparirà per “diluizione” nelle società del Maghreb, che sono un miscuglio di arabicità e globalità anglosassone passata al setaccio del francese, ridotto a niente più che una lingua di lavoro transitoria.

Forse solo la Cabilia e il Rif rimarranno aree testimoni del tamazgha (Berberità). Questo verdetto tagliente contrasta con l’approccio al Jebel Nefousa, tutto per circonvoluzioni, stabilito da Antonio M. Morone e Chiara Pagano. Questi due autori riscrivono la storia di questo bastione locale della berberità in quella della Libia a partire dalla negazione radicale del fatto berbero da parte del regime coloniale di Mussolini, da cui Gheddafi ereditò la visione verticale e autoritaria della costruzione nazionale.

Osservano la recente rinascita di una coscienza specifica dei berberi, che genera esigenze specifiche. Ma notano che arabi e berberi sono intrappolati e governati da un interazionismo sottile e resiliente. Ciò non viene preso in considerazione dall’intellighenzia Amazigh che nasce nei centri urbani costieri.

Gli attivisti portano avanti una lettura metastorica del passato, mitizzando ciò che apprendiamo dalle fonti greche e romane e oscurando 12-13 secoli di storia islamica e soprattutto ottomana. Secondo loro, tutto avviene come se gli abitanti di Jebel Nefousa fossero Amazigh senza nemmeno saperlo, senza nemmeno parlare berbero, quando fecero il loro esodo rurale verso la costa.

Questi attivisti invitano i discendenti degli Amazigh a reimparare cosa si nasconde dietro le apparenze sociali e linguistiche. Questa distanza crescente tra l’uomo della strada appena uscito dall’analfabetismo e l’attivista Amazigh (a volte un autodidatta semi-colto, è vero) non manca di spiegare la mancanza di attivisti nell’attuale crisi libica. dove, in assenza di uno Stato, tutti si aggrappano a una logica d’azione (neo)tribale, che trascende le appartenenze etnolinguistiche.

Questo caso di studio non è operativo né nel paese curdo (Hamit Bozarsan) né in Cabilia (Salam Chaker), ma è un monito per un’intellighenzia amazigh che non ha ancora pianto l’autoritarismo ambientale. Queste lenti d’ingrandimento posizionate dal Kurdistan alla Cabilia e al Marocco convergono su un punto: quali sono le condizioni e gli approcci operativi per riconciliare le minoranze preoccupate o ribelli con il loro Stato-nazione?

Con la maggioranza sociologica e culturale del loro Paese? Akram Kachee e Tahar Khalfoune offrono una terapia: imparare la cittadinanza in una società aperta al dibattito e alla risoluzione dei conflitti attraverso la negoziazione e l’arbitrato politico. Ma è possibile ciò di fronte alle forze del passato che ritornano con le società militari con pretese nazionali giacobine, da cui emanano popoli radicati nell’Islam politico?

E questa relegazione dei soldati nelle loro caserme e dei religiosi nei loro santuari può avvenire senza una rivoluzione, pacifica o violenta? È un ritorno all’atmosfera anti-establishment vissuta durante la Primavera Araba del 2011, che innesca la riflessione critica e cittadina dei fondatori di FORSEM.

Daniel Rivet, storico specializzato nel Maghreb in epoca coloniale, professore emerito all’Università di Parigi 1 Panthéon Sorbonne e autore di numerose opere e pubblicazioni, la più recente delle quali è “Islam e politica nel XX secoloe secolo”, Edizioni la Découverte. Collection Repères, 2022, 125 pagine, ha avuto la felice idea di scrivere un resoconto sulla pubblicazione collettiva, Tahar Khalfoune (dir.).

“Stati nazionali contro le minoranze”, Marocco, Algeria, Libia, Egitto, Siria, Turchia, Iraq, Iran, Edizioni En tous lettres, Casablanca, “Les questions qui fâchent”, 2023, 232 pagine, 95 DH/20 €. La CR è pubblicata nel numero 161 (gennaio-marzo 2024) della rivista storica 20 e 21.

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