Nella sua opera “Le Cri de Picasso”, Jean-Luc Aka Evy, ambasciatore, filosofo e scrittore congolese, esplora la nozione di estetica concentrandosi sui concetti di bellezza e bontà. Lavora per decostruire le idee distorte che l’Occidente ha a lungo sostenuto sull’arte africana, prima descritta come “primitiva”, prima di essere riconosciuta come “arte primaria”.
La riconsiderazione dell’arte negra da parte dell’Occidente, spostandola da “arte primitiva” a “arte primaria”, percepita come un tentativo di correggere un errore storico, avrebbe potuto soddisfare il filosofo. Ma, lungi dall’accontentarsi di ciò, l’autore congolese mette in discussione la legittimità stessa delle istituzioni occidentali, come il Museo del Louvre, che ora rivendicano il diritto di presentare l’arte africana come arte primaria, dopo decenni di disprezzo e svalutazione.
“Le Cri de Picasso” è stato presentato il 7 dicembre durante la cerimonia di chiusura della 15a edizione di Dak'Art, nell'ex Palazzo di Giustizia di Dakar. Questo evento ha riunito importanti personalità intellettuali, come Felwine Sarr, economista e scrittore, così come Ramatoulaye Diagne Mbengue, professore di filosofia ed esperto di logica matematica, che ha accompagnato l'autore in una discussione sul suo lavoro.
A margine di questo evento, Felwine Sarr ci ha parlato delle grandi questioni sollevate ne “Le Cri de Picasso”, in particolare quelle legate alla percezione della bellezza e alla costruzione dell'alterità. Inoltre, in qualità di attore impegnato nel processo di restituzione dei beni culturali saccheggiati in Africa dalle ex potenze coloniali, ha condiviso aggiornamenti sullo stato di avanzamento di questo progetto. Secondo lui, questo processo è in corso, ma è dettato da equilibri di potere, perché oltre alla restituzione stessa, queste richieste toccano questioni geopolitiche e geostrategiche. I paesi ricevono solo le opere che hanno ufficialmente richiesto.
Felwine Sarr si è rallegrato per il notevole impatto del suo rapporto indirizzato alla Francia, che ha suscitato un'ondata di shock tra le altre ex potenze coloniali, spingendole a prendere in considerazione la restituzione delle opere saccheggiate. Questo documento ha inoltre incoraggiato diversi paesi africani a presentare richieste ufficiali di restituzione, interrompendo così la tranquillità dei musei occidentali ed evidenziando l’entità delle spoliazioni storiche.
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