Invitare “tutta la società a prendere coscienza”: per i legali delle parti civili, il processo per stupro di Mazan sarà un “testamento per le generazioni future”, sulle questioni del consenso, della sottomissione chimica e più in generale dei rapporti uomo-uomo. Grazie a questi dibattiti, le prossime generazioni “scopriranno Gisèle Pelicot, il suo coraggio, il prezzo che ha pagato per cambiare la società”, ha affermato mercoledì Stéphane Babonneau, uno degli avvocati delle parti civili.
Facendo un parallelo tra questo “processo di Avignone”, esempio di “cultura dello stupro”, e quello di Aix-en-Provence del 1978, dove l’avvocato Gisèle Halimi fece riconoscere lo stupro come reato, ha posto il tribunale, che pronuncerà il suo verdetto entro il 20 dicembre, davanti a una “scelta sociale”: garantire che questo processo permetta di “cambiare l’idea, ancorata nell’immaginario maschile, che il corpo della donna è un oggetto di conquista.
Perché «come può, in Francia, nel 2024, una donna subire ancora ciò che Gisèle Pelicot ha subito per almeno 10 anni? Come possiamo trovare 50 individui in Francia, ma in realtà 70 (Nota del redattore: diversi non sono mai stati identificati e quindi non verranno mai processati)uomini”, per venire ad approfittare di una donna priva di sensi, interrogata prima di lui da Antoine Camus, l’altro avvocato di Gisèle Pelicot, drogata e violentata per un decennio dal marito e da decine di uomini reclutati su Internet.
“Giustizia e verità”
Aprendo la seconda fase di questo processo, quella delle memorie, mercoledì mattina, il signor Camus ha ricordato i video dei fatti, accuratamente registrati, didascalati e conservati da Dominique Pelicot, in cui la signora Pelicot era così inerte “che si potrebbe crederle essere morto”.
“Con questo gesto quasi politico di rinuncia alla seduta a porte chiuse”, il 2 settembre, in apertura di questo processo straordinario davanti al tribunale penale di Vaucluse, la signora Pelicot “ha invitato tutta la società a porsi domande, a prendere coscienza, a cambiare mentalità , per un futuro che finalmente si spezzi con una violenza che vorremmo da un’altra epoca”, ha detto.
Per un’ora, senza clamori, l’avvocato ha chiesto che sia resa “giustizia e verità” per questa famiglia, questa donna, sua figlia, i suoi due figli e i suoi nipoti, “sepolti per quattro anni sotto le macerie” dopo “l’esplosione” la rivelazione dei fatti, nell’autunno del 2020.
Ma non si è soffermato su Dominique Pelicot, questa “doppia personalità”, con il suo “lato A” di “buon marito, nonno, amico, vicino”, e il suo “lato B” quando, soprattutto di notte, drogava sua moglie con ansiolitici per poi potersene sbarazzare e consegnarla a sconosciuti.
“Finirai da solo, come un cane!”
Infatti, il principale imputato, riconoscendogli il ruolo di “direttore d’orchestra” dei circa 200 stupri registrati in un decennio contro la sua ex moglie, nella loro casa coniugale a Mazan (Vaucluse), metà dei quali commessi da lui stesso, sembra difficile immaginare che sfuggirebbe alla pena massima prevista, di 20 anni di reclusione penale.
Me Camus si è quindi concentrato sui 50 coimputati. “Tutti avevano il libero arbitrio”, ha insistito. “Ognuno al proprio livello ha contribuito a questa mostruosità e ha permesso che il calvario di una donna continuasse”, “questa è la banalità del male di Hannah Arendt”.
“Spiegano uno stupro “accidentale”, uno stupro “involontario”, uno stupro “altruistico” o addirittura uno stupro “irresponsabile”, ha continuato il suo collega Stéphane Babonneau, riferendosi alle argomentazioni avanzate da molti imputati che sostengono di essere stati “manipolati” » di Dominique Pelicot e credendo di partecipare allo scenario di una coppia libertina.
L’avvocato ha così risposto anche alla richiesta di una decina di avvocati difensori che, mercoledì mattina, hanno presentato alla Corte una domanda sussidiaria riguardante 33 dei 50 coimputati, citando una possibile “alterazione del discernimento” dei loro clienti. Per Me Camus il processo avrà fatto luce anche sulla questione della sottomissione chimica, “questo diabolico modus operandi” che “non è altro che il modus operandi del delitto perfetto”.
Dopo le memorie, il presidente del tribunale ha ufficialmente sospeso il processo fino a lunedì. Poi verrà data la parola al Pubblico Ministero, per il rinvio a giudizio che potrebbe durare fino a mercoledì.
Mercoledì mattina, interrogato per l’ultima volta, Dominique Pelicot ha provato nuovamente a chiedere scusa alla sua famiglia, suscitando l’ira della figlia Caroline: “Finirai sola, come un cane!”
Convinta di essere stata aggredita sessualmente anche da suo padre, che aveva postato sui social network foto di lei nuda e addormentata, scattate a sua insaputa, e frustrata per non aver ottenuto da lui una confessione, è rimasta in lacrime davanti ai suoi occhi. casella, al termine dell’udienza, urlando: “Avevi due mesi e mezzo!”
(afp)
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