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6 minuti con Carine Ayélé Durand, direttrice di MEG

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La nuova sede del Museo etnografico di Ginevra festeggia il suo decimo anniversario.

Il MEG festeggia il suo decimo anniversario, sono già dieci anni. Con quattro giorni di festeggiamenti, per l’occasione…

“Quattro giornate intense che iniziano questo giovedì sera, con una prima esibizione musicale. Proseguiremo per tutto il fine settimana con l’inaugurazione del rinnovo della mostra permanente e la presentazione di una nuovissima mostra intitolata Incontri e poi continueremo sabato e domenica, tutto il giorno fino a sera”

Il Museo Etnografico di Ginevra è un museo molto antico, che ha notevolmente evoluto la sua politica, in particolare la restituzione degli oggetti alle nazioni d’origine.

“Ginevra è stata una delle prime città in Europa a farlo con la restituzione, ormai diversi anni fa, di una testa Maori, quindi dei resti di un essere umano. Dal 2020 c’è una dinamica più proattiva rispetto a ciò a cui ci rivolgiamo direttamente le comunità interessate, dicendo loro che avevamo oggetti che consideriamo sensibili, cioè resti umani, per ricordarci che sono esseri umani, non hanno oggetti, e oggetti sacri che chiamiamo oggetti sacri, cioè oggetti che oggi hanno una dimensione religiosa attiva e abbiamo contattato anche Stati o musei all’estero per presentare casi di oggetti provenienti da scavi probabilmente illeciti Quindi è questo aspetto propositivo che forse fa la differenza, ma c’erano già state delle restituzioni anche prima è stata inaugurata la nuova Megue, che rientra anche in questo nuovo orientamento strategico che volete incarnare, quindi è una parola grossa, cosa significa concretamente? Come cambia, va e come è cambiata la Megue? Le Megue è cambiato nei modi, come vi dicevo, mettendo davvero in risalto il fatto che il patrimonio, gli oggetti, sono condivisi. Abbiamo spesso avuto l’idea che il patrimonio sia parte della città di Ginevra ed è parte della città di Ginevra, ma le comunità originarie sono totalmente interessate a questi oggetti e ciò che desideriamo evidenziare è il fatto che possiamo e lo facciamo condividere questo patrimonio. Concretamente questo significa quindi presentare le collezioni durante le mostre con le storie dei diretti interessati. Quindi quello che il pubblico potrà vedere da domani è una mostra permanente rinnovata nella quale ci sono alcune persone che sono venute a dirci che vogliamo presentare la storia di questi oggetti in modo diverso ed è questo che mostreremo. Mostreremo cosa significa dire questi oggetti in modo diverso. Presenteremo anche nella mostra Incontri, dodici persone che sono state invitate a scegliere un oggetto delle collezioni che parli loro in modo particolare e a evidenziare e mostrare realmente il rapporto che si instaura tra loro, loro e questi oggetti lì. Quindi possiamo vedere chiaramente questo cambiamento, questa nozione di condivisione, di interazione in definitiva con le popolazioni indigene, che è al centro di questa nuova mostra permanente che sta cambiando. Quindi per i clienti abituali ce ne saranno sempre, non si perderanno del tutto, non preoccupatevi, ma c’è questo cambiamento. Il MEG è un luogo di esposizione, ma è anche, e noi visitatori ne siamo meno consapevoli, un luogo di ricerca. Sì, il MEG è un bel posto per la ricerca sulle collezioni. Quindi già solo la storia delle collezioni, come sono arrivate le collezioni, come sono arrivati ​​questi oggetti, quella che chiamiamo ricerca sulla provenienza. Quindi è davvero una ricerca, è come la biografia di una persona, tranne che è la biografia di un oggetto. Quindi come è nato l’oggetto, chi lo ha realizzato, come è arrivato fino a noi. Una dipnografia esperta. Sì, come ha viaggiato l’oggetto fin qui, cosa ne diciamo oggi e soprattutto quale significato ha ancora oggi questo oggetto per le popolazioni interessate. Quindi questa è ricerca e questa ricerca è evidenziata da mostre o pubblicazioni o da quella che chiamiamo programmazione culturale. Invitiamo cioè gli ospiti, i partner, a parlare di questi oggetti davanti al pubblico. Quindi questo è ciò che vedremo tutto questo fine settimana, ad esempio. Parlavamo del concetto di condivisione che ora è al centro del MEG con le popolazioni indigene ma anche con il pubblico, anche per te questa interazione è molto importante. Non andiamo al museo solo per guardare, possiamo anche essere un po’ attori quando siamo visitatori. Sì, sì, è così, è fondamentale, l’idea è davvero quella di allontanarsi dall’idea che nei musei il pubblico sia passivo. Il pubblico non è passivo e quello che ci teniamo a sottolineare è che noi… Soprattutto i bambini, non lo sono affatto. No affatto e anzi costruiamo con il pubblico, costruiamo con i bambini e abbiamo proprio bisogno di questa partecipazione. E la partecipazione c’è davvero. E vediamo che tra le dodici personalità ci sono alcune persone che un tempo erano pubbliche ma che sono passate dall’altra parte e che oggi presentano la propria visione e la propria percezione di questi oggetti. Quindi è davvero questa linea di demarcazione tra l’osservatore pubblico e la presentazione museale che è completamente cambiata. Oggi ci presentiamo al pubblico e alle comunità interessate. E il museo etnografico festeggia quindi il suo decennale, quattro giorni di festa, iniziati questa sera con una nuova mostra permanente. Ovviamente siete tutti invitati ad andarci. Grazie mille Karine Ayelet-Durand, direttrice di MEG, per essere stata su Radiolac questa mattina. Un’intervista ritrovata integralmente in un attimo in video su radiolac.com

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