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Pechino impone un vincolo doganale, “catastrofico” per il settore

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In un comunicato stampa diffuso martedì 8 ottobre 2024, il Ministero del Commercio cinese (Mofcom) afferma che imporrà, a partire da venerdì 11 ottobre, il deposito di una cauzione doganale agli importatori di brandy dell’UE. Questo deposito cauzionale è in media del 34,8%. Verrà addebitato retroattivamente se la Cina manterrà le sue minacce e deciderà di applicare le “notifiche di intenzione di imporre tasse” fissate alla fine di agosto, nell’ambito di un’indagine antidumping aperta all’inizio del 2024.

L’UE aveva applicato lo stesso meccanismo negli ultimi mesi, finché venerdì i paesi membri non hanno deciso di convalidare dazi aggiuntivi sui veicoli elettrici importati dalla Cina.

Un effetto “catastrofico”.

Nel sud-ovest della Francia l’emozione è alle stelle. “Questo nuovo passo conferma la minaccia di imposizione di tasse definitive sui nostri alcolici […] e dimostra un inasprimento della posizione delle autorità cinesi”, sottolineano in un comunicato stampa congiunto gli Uffici interprofessionali nazionali del Cognac e dell’Armagnac (BNIC e BNIA) e la Federazione degli esportatori di vino e liquori di Francia (FEVS).

Il testo prosegue: “Le autorità francesi non possono abbandonarci e lasciarci soli di fronte alle ingiuste ritorsioni cinesi che non ci riguardano. L’effetto di queste tasse sarebbe catastrofico per i nostri settori e le nostre regioni. »


Il 17 settembre 2024, un migliaio di viticoltori e commercianti di vino hanno manifestato a Cognac (Charente) contro il “silenzio” della Francia e dell’Europa di fronte alle minacce di sovrattasse cinesi.

Anne Lacaud/SO

Interrogato dall’Agence France Presse (AFP), Raphaël Delpech, direttore del BNIC, ha lanciato l’allarme e ha osservato che i commercianti e i viticoltori dello Charentais sono in prima linea. “Dovremo già prelevare soldi”, lamenta.

Il deposito richiesto a partire dall’11 ottobre equivarrebbe ai possibili dazi aggiuntivi comunicati a fine agosto dal Mofcom: 30,6% per Martell, 34,8% per la stragrande maggioranza dei commercianti, 38,1% per Rémy Martin, 39% per Hennessy (la cifra 1 nel settore) e il 39% per le aziende che non sono state in grado di soddisfare i requisiti dell’indagine antidumping cinese e sono state ritenute “non cooperative”.

15.000 posti di lavoro diretti

In borsa, i titoli del settore hanno sofferto: martedì alle 7,25 il titolo del gruppo Rémy Cointreau (di cui Rémy Martin è il fiore all’occhiello) è crollato del 6,37% a 61,75 euro, mentre Pernod Ricard (proprietario di Martell) ha perso 3,12% a 127,35 euro. Venerdì l’interprofessione del cognac si era già considerata “sacrificata”. Secondo il BNIC, la sola Cina rappresenta il 25% delle esportazioni di cognac.

L’industria del cognac conta 4.400 aziende vinicole, 270 commercianti e 120 distillatori professionisti. Rappresenta 15.000 posti di lavoro diretti e 70.000 posti di lavoro indiretti in Charente e Charente-Maritime. Soffre già di una situazione economica difficile, con un calo delle spedizioni del 22% nel 2023.

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