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Losanna: una mostra che porta al mare e oltre

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“Thalassa!”, una mostra che va oltre il mare

Nell’arte non tutte le rappresentazioni del mare sono da cartolina. Questo è ciò che mostra il Museo cantonale delle belle arti nel corso di due secoli.

Pubblicato: 04.10.2024, 15:57

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La Svizzera, paese senza sbocco sul mare, sa sorprendere in materia marittima! Quando sappiamo che la sua marina – prima militare poi mercantile – sventola da più di ottant’anni la bandiera con la croce bianca su fondo rosso. E che gli equipaggi di Alinghi hanno riportato due volte la prestigiosa Coppa America.

È anche in questa Svizzera d’acqua dolce, in questa culla di pittori di montagna, che si sono aperti negli ultimi due secoli gli approfondimenti tematici sul modo di vedere e interpretare il mare. Un’idea del Museo cantonale di belle arti di Losanna che si avventura in un tema espositivo, non ancora utilizzato. Soprattutto perché il mare è apparso solo tardi sulla tavolozza dei pittori classici e senza una vera e propria corsa al capolavoro.

Difficile, difficile, quindi, elencare spontaneamente quelli che si distinguerebbero dalla massa di mari, tempeste e altre vedute di porti. Ma pensiamo a “La grande onda di Kanagawa” di Hokusai, sì. Con le atmosfere cicloniche dorate di William Turner, con l’inquadratura serrata delle onde di Gustave Courbet o Claude Monet. E, naturalmente, alla terribile storia di Théodore Géricault ne “La zattera della Medusa”. Come nella solitudine meditativa di “Il monaco al mare” di Caspar David Friedrich – di cui un’eco Caroline Bachmann et Stefan Banz – appare alla mostra di Losanna. Il posto è lo stesso, il cielo si è schiarito: la stranezza resta.

La scelta della prossimità

Quest’ultima tela, come la stragrande maggioranza dei pezzi che compongono “Thalassa! Thalassa! L’immaginazione del mare”, viene dalla Svizzera. E anche le collezioni dell’istituzione di Losanna. Con, fuori, il vodese Louis Ducros, attratto dalle tempestose ondate del grande blu ai piedi di Malta o il lungolago di François Bocion in gita a Venezia, su acque calme come quelle del suo Lago di Ginevra. Ci sono anche questi Vallotton, un nudo che fa tutt’uno con la spiaggia, e le “Tende a Trouville” dove il mare, assente nella composizione, esiste solo nell’idea. La diffidenza resta. Dobbiamo ancora conquistare questo confine con l’ignoto, abitare le sue rive, sondarne le profondità, osare avventurarci nei suoi abissi prima di abbandonarci alle sue promesse. I suoi miti. O le sue energie.

Passo dopo passo, questo è ciò che racconta la mostra, restando, per scelta, nell’ambito dell’arte figurativa occidentale. E in questo desiderio di documentare con cura una conquista che è insieme scientifica e artistica, mescolando all’esposizione collezioni di conchiglie e altre sagome degli abissi. Era davvero necessario? Il fascino arriva più facilmente da questi vasi con motivi marini, testimoni di una moda tanto ornamentale quanto inquietante. Oppure questo primo paesaggio sottomarino dipinto dalla natura, un piccolo tesoro dell’artista-esploratore austriaco Eugen von Ransonnet-Villez. È il 1864!

Dal grido di gioia alla realizzazione

Quando si passa al piano superiore dell’MCBA si cambia epoca – è quasi diventata un’abitudine – per trovare contemporanei. E una domanda. “Volevamo vedere come sarebbe stato realizzato questo “Thalassa!” Thalassa!”, risuona oggi il grido di gioia dei mercenari greci nel momento in cui compresero l’imminenza del loro ritorno. Non siamo più su questo tono, aggiunge contemporaneamente la commissaria Catherine Lepdor. Il mare è un arcipelago di plastica, la tomba dei migranti, un ecosistema in pericolo”.

Le opere scelte ne sono la testimonianza! Ancorati a osservazioni irrimediabili, fioriscono tutti in una forma di gravità ma senza mai dimenticare questo respiro artistico che ci porta oltre. Nei sogni che filtrano attraverso le mappe che François Burland crea con i giovani migranti. Nelle energie lavorate all’uncinetto da 4000 donne per formare la pittoresca barriera corallina immaginata dalle sorelle Margaret e Christine Wertheim.

Come nell’universalità della pioggia continua di oggetti personali e storici che Yael Bartana filma mentre raggiungono l’abisso. O in questa toccante sottigliezza dell’effimera vetrata in carta argentata di Sandrine Pelletier sulla grande vetrata dell’atrio. Da lontano vediamo onde increspate che si infrangono contro una roccia. Più da vicino, pensiamo a uno specchio appannato o alla fragilità di un mondo prima che si frantumi…

Losanna, MCBA, fino al 12 gennaio, martedì-domenica (10:00-18:00), giovedì (10:00-20:00). www.mcba.ch/

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Firenze Millioud è entrato nella sezione culturale nel 2011 per passione per gli uomini di cultura, dopo essersi occupato di politica ed economia locale dal 1994. Storica dell’arte, collabora alla redazione di cataloghi di mostre e opere monografiche sugli artisti.Maggiori informazioni

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