REPORTAGE – Il canale televisivo con sede a Parigi trasmette via satellite programmi educativi e di intrattenimento rivolti alle donne, alle quali non è consentito studiare in Afghanistan.
Seduta sulla sua sedia davanti a una parete verde, Tahmina rilegge i suoi appunti, lavora sulla sua voce e aspetta che Zia le dia il via libera nella sala di controllo per iniziare a registrare lo spettacolo. Con la telecamera puntata su di lei, la presentatrice 27enne dà qualche istruzione al direttore tecnico e persino esce dallo studio per chiedergli gentilmente di sbrigarsi.
Gli scambi sono in dari, una delle due lingue ufficiali dell'Afghanistan insieme al pashtu. Le trasmissioni sono in entrambe le lingue, per raggiungere più persone possibili. È quasi come essere lì.
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Solo che oggi, in Afghanistan, niente di tutto questo sarebbe possibile. Donne impiegate in un canale televisivo? Vietato. Donne che vanno a lavorare da sole, prendendo i mezzi pubblici senza essere accompagnate da un “mahram”, un membro maschio della loro famiglia più stretta? Vietato. Donne che si presentano in una redazione mista in maglietta e jeans, senza velo o con un leggero…
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