Pauline Picot, pentola e tragedie – Libération
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Pauline Picot, pentola e tragedie – Libération

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Poesia del lunedì

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In “Allow Me to Throb”, il poeta e performer intende “parlare del mondo che passa attraverso [son] corpo”.

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Grazie all'“effetto phi”, meccanismo oculare su cui non ci dilungheremo, i flip-book o i folioscopi danno l'illusione del movimento a chi ha i pollici non artritici. Qui non c'è un gatto che insegue un topo o un drago sputafuoco, ma una donna in calzamaglia che cresce e cresce fino a diventare un cielo stellato. È la poetessa stessa, Pauline Picot, raffigurata in una posizione leggermente contorta, la testa rivolta verso l'alto, e che a pagina 52 confida una ricetta esistenziale: “Urla alla morte / Strappati i capelli / Battiti il ​​petto / Scava verso l'altra estremità / Della terra sventrata / Cattura nel buco / La mano del caso / Che ti fa vivere”. Lasciami palpitare riunisce 50 frammenti autobiografici. L'autore è un performer, scrive per il teatro e queste poesie sono testi da recitare. Fanno parte della vita quotidiana, scorrono veloci e suscitano emozioni come se stessimo registrando scene da un veicolo in movimento. Al lettore viene chiesto di dare di sé: “Attenzione / Ecco dove si riversa la mia solitudine / Ecco dove il vaso si rovescia / Su di te”. Troviamo un vaso più tardi e ancora tanta autoironia. È anche una questione di candore, di “cuore a pezzi”, del “sensazione tattile”

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