Regolamentare più severamente il traffico di droga: l’idea non convince il Consiglio federale (CF). Quest’ultimo si è pronunciato mercoledì contro un postulato in materia, presentato a fine settembre dal consigliere nazionale vodese Jacques Nicolet. Nel suo testo l’eletto dell’UDC ha chiesto al governo di redigere un rapporto “sui problemi giuridici che ostacolano la lotta contro il traffico di droga” e di proporre le relative soluzioni.
Se l’agricoltore professionista ha voluto una reazione federale è perché, secondo lui, “i commercianti non temono le autorità, nessuna misura può fungere da deterrente nei loro confronti”. Voleva come prova gli “affari e scandali” che si sarebbero moltiplicati quest’estate (vedi riquadro). E ha cercato, nel suo postulato, di proporre le proprie idee per gli adattamenti giuridici. Nel menù, in particolare: un rafforzamento delle misure preventive, un inasprimento delle pene contro vedette e macellatori, o addirittura il fermo degli spacciatori contro i quali è stata pronunciata un’espulsione.
Ma per il FC tali cambiamenti non sarebbero utili. “Le disposizioni penali in materia della legge sugli stupefacenti in vigore costituiscono già uno strumento giuridico sufficiente per combattere il traffico di strada”, ha affermato nella sua risposta, precisando incidentalmente che la gestione degli spacciatori spetta principalmente alla giurisdizione dei Cantoni. I Sette Saggi hanno inoltre affermato che “non è dimostrato che sanzioni più severe da sole abbiano un effetto deterrente”. Quanto all’idea di rinchiudere gli spacciatori in attesa di espulsione, il governo è categorico: una misura del genere sarebbe contraria alla Costituzione e al diritto internazionale.
Il Parlamento avrà l’ultima parola.
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