LETTERA DA VARSAVIA
È un segreto di Pulcinella che è sempre più difficile da mantenere. I rapporti tra Varsavia e Kiev, nonostante l'amicizia dimostrata e il costante sostegno, sono paradossalmente pieni di incomprensioni, incomprensioni reciproche e disincanto. Le ossa della discordia si sono accumulate così tante nel corso degli anni che gli interessi comuni dei due paesi legati alla guerra in corso e alla situazione geopolitica bastano appena a mascherare queste tensioni diplomatiche latenti.
Il serpente marino di questo disaccordo resta la questione della memoria del massacro della Volinia, una vasta epurazione etnica perpetrata dalle milizie nazionaliste ucraine tra il 1942 e il 1944 in questa regione dell'Ucraina nord-occidentale, territorio polacco a metà tra due guerre, dove polacchi e Gli ucraini vivevano fianco a fianco. Tra gli 80.000 e i 100.000 civili polacchi persero la vita in queste purghe, che portarono ad azioni di ritorsione da parte della resistenza polacca contro circa 10.000 ucraini, nonché a significativi sfollamenti di popolazione.
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La ferita di questo trauma, tabù in epoca comunista, resta viva in Polonia, mentre in Ucraina la storiografia ufficiale la definisce una “guerra polacco-ucraina”, dove le colpe erano condivise e il numero delle vittime simmetrico. L’impulso patriottico che accompagna la lotta degli ucraini contro l’invasore russo ha anche generato una politica di glorificazione dei leader delle milizie nazionaliste responsabili di questi abusi, come eroi della lotta per l’indipendenza. Una narrazione impercettibile per Varsavia.
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