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Un accordo sugli ostaggi di cui TJ non parla perché non va avanti

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Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv, Israele
Miriam Alster/Flash90

Leggendo i dispacci che arrivano da tutte le parti senza timore di contraddirsi su un argomento così delicato, tale accordo era imminente dal ritorno di Trump.

I balletti degli inviati speciali di tutti i partiti possono susseguirsi, ma oggi tutti tengono un basso profilo.

Le differenze tra Hamas e Israele riguardo all’accordo di cessate il fuoco a Gaza includono ancora diversi punti chiave:

Hamas chiede una dicitura che indichi “la fine della guerra” come condizione per la fine della terza fase dell'accordo, mentre Israele – giustamente – propone la dicitura “la fine dell'operazione militare”.

Israele si oppone all'elenco dei prigionieri condannati alle pene più pesanti e chiede il diritto di opporsi su 70 nomi presenti nell'elenco.

Problemi riguardano anche la presenza militare israeliana dopo il ritiro dal valico di Rafah e da altre zone della Striscia di Gaza.

Israele infine chiede che gli sfollati siano riportati nel nord della Striscia di Gaza attraverso un meccanismo di supervisione egiziano-qatariota, ma Hamas non accetta questa proposta.

L'accordo previsto prevede una tregua di sette settimane e l'ingresso quotidiano di 500 camion di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.

TJ con il Gruppo Eternal Israel di Mordehaï Fitoussi

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