il nuovo presidente promette agli americani di restituire loro “la loro fede, la loro ricchezza, la loro democrazia e perfino la loro libertà”

Lunedì 20 gennaio, mezzogiorno era appena suonato a Washington quando i colpi di cannone hanno salutato il giuramento di Donald Trump. Il paese stava entrando in una nuova era, sotto la guida di un attore familiare. Un uomo di 78 anni, vendicativo e soddisfatto del suo ritrovato potere, imprevedibile e perfettamente fedele a se stesso. Il 45° presidente degli Stati Uniti è diventato il 47°, impegnandosi a farlo “preservare, proteggere e difendere la Costituzione”sotto le dorature e i marmi della rotonda, nel cuore del Campidoglio.

La cerimonia è stata ridotta e portata al chiuso a causa delle temperature sotto lo zero. Il simbolo era ancora più potente. Tralasciando di mettere mano sulle due Bibbie tenute in mano dalla moglie Melania – libro di cui ha comunque commercializzato la sua versione, stampata in Cina –, il successore di Joe Biden ha pronunciato un discorso di insediamento senza ardore, ma con una forte risonanza in questo luogo alto della democrazia , che i suoi sostenitori avevano calpestato e profanato durante l’assalto del 6 gennaio 2021. Lunedì, questi stessi rivoltosi si aspettavano la grazia presidenziale come correzione di una presunta ingiustizia e la conclusione di un riscrittura della storia.

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