Si tratta di una svolta inaspettata. Questo mercoledì, 27 novembre, la Francia si è pronunciata ancora una volta sui mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale (CPI) contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant.
Accusati di crimini di guerra a Gaza, questi ultimi potrebbero rivendicare l'immunità perché il loro Paese non è parte dello Statuto di Roma, si legge in un comunicato del Ministero degli Affari Esteri. “Che immunità […] dovranno essere presi in considerazione se la Corte penale internazionale dovesse chiederci il loro arresto e la loro consegna”, spieghiamo al Quai d’Orsay.
Un simile annuncio ha sorpreso la stampa internazionale. Come ha scritto L'Oriente-Il giorno le 26 novembre, “La Francia – come altri paesi europei – lo aveva fatto [jusque-là] pronunciato con cautela” sulla sentenza della CPI. “Senza arrivare a provocare lo Stato ebraico, suo alleato”, aveva ricordato “il suo attaccamento al lavoro indipendente della Corte”, ha chiesto il rispetto del diritto internazionale a Gaza e ha condannato le violenze commesse da entrambe le parti durante la guerra tra Israele e Hamas. Sembrava anche in contrasto con Tel Aviv, per a “ribaltamento delle posizioni in vista del delitto
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