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XV di Francia – Editoriale del lunedì: “L'air du broad”

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Allora quanto vale questa grande vittoria del XV francese contro il Giappone? Come te certamente, tenderemmo a pensare che fosse fin troppo facile raccoglierlo perché ci illuminasse davvero sul potenziale della collezione Autunno-Inverno 2024 dei Blues. La prossima volta giocheranno la maggior parte del loro tour in una partita Sabato, contro gli All Blacks. E questa partita contro il Giappone resterà per sempre un momento di amichevole riunione, per uscire finalmente dalla crisi e lanciare un nuovo progetto sportivo attorno alla selezione guidata da Fabien Galthié.

In questa luce, gioiamo ancora. L'amarezza non è ancora del tutto passata, ma il cambiamento è iniziato. Da quello che abbiamo cominciato a vedere, e se il manifesto non aveva nulla di paragonabile alla dissolutezza quasi orgiastica del del sublime Inghilterra-Australia giocato sabato pomeriggio, il XV di Francia ha gettato le basi per la sua evoluzione: le sue otto mete segnate dimostrano un nuova attrazione verso il campo più ampio, la velocità e il movimento. Senza dimenticare una buona dose di meno spoliazione, che francamente non ci dispiace.

Insomma, questo sembra corrispondere meglio alla cultura rugbistica francese, al nostro DNA e ai talenti dei Blues della “generazione Dupont”. Ancor più precisamente, questo rugby “di piacere” somiglia finalmente a quello praticato dai cittadini di Tolosa e Bordeaux, che sono ampiamente rappresentati nella selezione. E non c'è da stupirsi nel vederli esibirsi così, a loro agio in un progetto di gioco commisurato alle loro possibilità.

Giudicheremo nelle prossime partite, contro la Nuova Zelanda e poi contro l'Argentina, se le promesse dell'alba saranno durature o se si tratterà di un andamento isolato contro un avversario largamente alla portata. Una cosa è certa, il XV francese dovrà seguire l'evoluzione delle regole dettate dal World Rugby, dando il posto d'onore agli attaccanti e più precisamente al possesso palla. Impossibile dire oggi se è su tali basi che si vinceranno i Mondiali del 2027 (contate sui tecnici di non aspettare tre anni prima di trovare la soluzione) ma la tendenza è marcata e, anche qui, non lo è dispiacerci (a differenza dell'aberrazione rappresentata dal cartellino rosso temporaneo).

Chiaramente, questo rugby offshore, l'apertura, il movimento e l'iniziativa portano ora una nuova fiamma che dovrebbe influenzare direttamente il profilo dei giocatori, più “giocoso” e acuto in futuro quando, fino ad ora, la semplice nozione di potere dettava la sua legge. Ricordatevi del Sud Africa, campione del mondo nel 2019 e nel 2023…

Tuttavia non sogniamo. Se come noi avete seguito lo scontro Irlanda-All Blacks di venerdì sera, vi sarete accorti che le nuove regole non sono – ancora? – tutto rivoluzionato. Il manifesto tra il leader della classifica mondiale e il suo terzo è stato una noiosa sfida da uomo a uomo, un confronto senza pietà e senza sosta a terra e nelle rupie. Tanto per non dimenticare mai che il rugby resterà sempre uno sport da combattimento prima ancora che un gioco di mani e di schivate. Prima di andare in giro, per il massimo piacere degli spettatori (televisivi), occorre sempre rottamare, punire. I successi della saga di Tolosa non dicono altro. E i Blues farebbero bene a continuare a trarne ispirazione…

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