In un panorama politico africano spesso segnato dalla concentrazione del potere, il Senegal offre oggi uno spettacolo senza precedenti: un tandem presidenziale che sconvolge i codici e solleva tante speranze quanto domande. La rivista Jeune Afrique (JA) dedica un ampio spazio a questo fenomeno, evidenziando le complesse dinamiche che hanno guidato l’esecutivo senegalese dall’elezione a sorpresa di Bassirou Diomaye Faye il 24 marzo.
Un duo nato dalle circostanze
La storia di questo duo atipico inizia con un colpo di scena elettorale. Bassirou Diomaye Faye, quasi sconosciuto al grande pubblico, è stato proiettato alla presidenza con quasi il 54% dei voti al primo turno. Una vittoria che deve molto a Ousmane Sonko, figura carismatica dell’opposizione, a cui è stato impedito di candidarsi e che ha appoggiato il suo fedele luogotenente.
Questa configurazione unica trova le sue origini nei colpi di scena della politica senegalese. Come riporta il JA, lo stesso Faye avrebbe detto a uno dei suoi consiglieri: “Ho lavorato dieci anni per far eleggere Ousmane Sonko, e lui mi ha nominato presidente in dieci giorni”. Una frase che illustra la profondità del legame che unisce i due uomini, ma che solleva anche interrogativi sulla reale distribuzione del potere ai vertici dello Stato.
“Co-presidenza” o complementarità?
L’opposizione si è affrettata a cogliere l’argomento, denunciando quella che definisce una “co-presidenza che non dice il suo nome”. Le critiche non mancano, soprattutto dopo l’episodio dello scioglimento dell’Assemblea nazionale a settembre. Ousmane Sonko ha poi annunciato il provvedimento ancor prima che il presidente lo decretasse, suscitando le ire dei suoi avversari.
L’ex ministro Abdou Latif Coulibaly non ha usato mezzi termini: “Lei ha deciso di accompagnare, al limite dell’irragionevolezza, il suo primo ministro. Ha preferito perdere la faccia di fronte all’opinione nazionale piuttosto che governare esigendogli di obbedire alle sue istruzioni”. Commenti che sollevano preoccupazioni più ampie sull’equilibrio dei poteri all’interno dell’esecutivo.
Tuttavia, l’entourage del duo presidenziale difende fermamente la loro complementarità. Fadilou Keïta, ex membro del gabinetto Sonko, spiega: “La gente è ossessionata dal rapporto tra i due perché non capisce cosa li lega. Oggi il capo dello Stato ha qualcuno che può sostituirlo e parlare a suo nome. Qual è il problema?
Se la distribuzione ufficiale dei ruoli è chiara – Faye è presidente, Sonko è primo ministro – i loro stili di comunicazione e di azione differiscono notevolmente. Il bassirou Diomaye Faye, descritto come più calmo, sembra aver indossato il costume presidenziale con una certa moderazione.
Ousmane Sonko, dal canto suo, conserva la schiettezza che gli ha fatto la reputazione di avversario. Non esita a distribuire “barbe assassine” e a mantenere un atteggiamento combattivo, in particolare nei confronti dell’ex maggioranza e di alcuni partner internazionali. Questa dualità solleva dubbi sulla coerenza della politica estera senegalese, ma potrebbe anche essere vista come una deliberata strategia del “poliziotto buono, poliziotto cattivo” sulla scena internazionale.
Un ex candidato presidenziale, citato da JA, riassume così la situazione: “Sono due facce della stessa medaglia. Nonostante le differenze nell’approccio e nelle personalità, vanno d’accordo come ladri in fiera”.
Verso una revisione del sistema politico?
Al di là delle personalità, questa configurazione potrebbe annunciare una profonda trasformazione del sistema politico senegalese. Dall’indipendenza, il paese ha vissuto una tradizione di iperpresidenzialismo, rafforzata dai regimi successivi di Léopold Sédar Senghor, Abdou Diouf, Abdoulaye Wade e Macky Sall.
Il partito Pastef, da cui provengono Faye e Sonko, ha sempre sostenuto una revisione di questo sistema. Madièye Mbodj, vicepresidente di Pastef e consigliere speciale del Capo dello Stato, spiega questa visione:
“Abbiamo sempre difeso un sistema in cui l’Assemblea sarebbe il motore della vita politica e in cui il Primo Ministro cesserebbe di essere un fusibile, o addirittura un lacchè del Capo dello Stato. Il progetto di rifondazione non è ancora in atto. ma gli inizi sono lì.
Questo desiderio di riforma istituzionale potrebbe in parte spiegare la dinamica menzionata tra Faye e Sonko, come prefigurazione di un nuovo sistema di governance.
Sfide immediate da superare
Nonostante la popolarità e le ambizioni di riforma, il tandem Faye-Sonko si trova ad affrontare sfide immediate e considerevoli. Il rallentamento economico, evidenziato da una recente missione del FMI, mette sotto pressione il governo. La tragedia dell’affondamento di una canoa al largo della costa di Mbour, costata la vita a 39 persone, ha ricordato dolorosamente l’urgenza di affrontare la disoccupazione giovanile e la questione migratoria.
Sul fronte economico, il nuovo potere deve anche rassicurare un settore privato preoccupato per la pressione fiscale e le numerose verifiche in corso. Ousmane Sonko ha denunciato in particolare la situazione “catastrofica” delle finanze pubbliche, promettendo di far luce su quella che definisce “corruzione generalizzata” sotto il precedente governo.
Fadilou Keïta, nominato capo della Caisse des Dépôts et Consignations, giustifica questo approccio: “Il buon governo è stato il tallone d’Achille del regime di Macky Sall. Sono stati sborsati decine di miliardi di franchi CFA [à la CDC] andando contro l’interesse nazionale. Sono successe cose molto gravi ed è importante che ci attribuiamo le responsabilità”.
La prova legislativa
Le elezioni legislative del 17 novembre costituiscono un test cruciale per il nuovo potere. Se Pastef sarà il favorito, l’esito del voto determinerà la capacità della coppia Faye-Sonko di attuare le riforme promesse.
Il presidente ha annunciato “una fase di ripresa per il Paese, una fase di decollo e una fase di stabilizzazione”. Ma è consapevole che il tempo stringe. Come sottolinea un dirigente del partito citato da Jeune Afrique: “Diomaye, Sonko, è la stessa cosa. Il nostro partito ha sempre sostenuto la disincarnazione. Ciò che ci interessa è il Progetto. Non importa di che colore è il gatto al momento della cattura il topo.”
SENEPLUS
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