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l’auspicio di un rafforzamento dello Stato di diritto e del buon governo

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Più di mezzo secolo fa, più precisamente 54 anni fa, il Senegal, con spirito pionieristico, fondava un comitato per i diritti umani. Quasi ad ispirare il resto degli Stati, dalla sua posizione geografica, il paese è arrivato con questo atto forte a porre una pietra miliare essenziale nella creazione delle Istituzioni Nazionali per i Diritti Umani, un meccanismo per la promozione e la protezione dei diritti umani.

Con una mossa pionieristica, negli anni ’70 il Senegal ha dato appuntamento ai diritti umani per rafforzare la propria democrazia e il suo corollario, lo stato di diritto. Questo sviluppo seguì gli eventi del maggio 68 e lo sciopero degli studenti e dei sindacati. Attente ai clamori e alle aspirazioni della popolazione, le autorità pubbliche hanno risposto favorevolmente ai manifestanti avviando un processo di partecipazione più inclusiva alla governance pubblica. Innanzitutto con la creazione della carica di Primo Ministro il 26 febbraio 1970, mediante revisione costituzionale, riducendo così i poteri del Presidente della Repubblica. Successivamente e attraverso il decreto n. 70-453 del 22 aprile 1970, l’élite di pensatori, intellettuali e giovani dirigenti senegalesi si riunì in un laboratorio di pensiero strategico per ispirare la governance pubblica che sarebbe stata chiamata Club Nazione e Sviluppo nonché ” famoso” Comitato senegalese per i diritti umani (CSDH).

Questo approccio alla governance inclusiva e al coinvolgimento di pensatori e intellettuali nella governance indiretta, finirà per consacrare l’eccezione democratica senegalese autorizzando la creazione del primo partito di opposizione, del multipartitismo limitato e poi del multipartitismo senza restrizioni nel 1974. La Nazione e lo Sviluppo club ha ispirato le autorità pubbliche mentre il Comitato senegalese, da parte sua, ha assicurato la tutela dei diritti umani.

La creazione del CSDH è arrivata anche come risposta alla comunità internazionale e all’invito dell’ONU che “attraverso la risoluzione 9 del 21 giugno 1946, ci invita ad esaminare l’opportunità di creare gruppi o comitati di informazione, uffici per i diritti umani per collaborare alla sviluppo delle attività della commissione per i diritti umani poi con la risoluzione 772 B del 25 luglio 1960.

Alle Nazioni Unite e al Senegal faranno seguito, in questa visione d’avanguardia, solo nel 1993 gli altri Stati che, attraverso l’Assemblea Generale, adotterà senza votazione la risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 sui “Principi di Parigi.” Ciò, a seguito della prima conferenza internazionale sugli organismi nazionali per la promozione e la tutela dei diritti umani che ebbe luogo a Parigi nel 1990 e che sarà seguita dall’adozione delle raccomandazioni di tale conferenza da parte della Commissione dei Diritti Umani (allora) nel marzo 1992, e riguardante il ruolo, la composizione, lo status e il funzionamento delle istituzioni nazionali per i diritti umani.

Nascono così le istituzioni nazionali per i diritti umani che “sono tenute sia a difendere i diritti umani, sia a incoraggiare il rispetto di tali diritti”, le cui responsabilità sono “di fornire con funzione consultiva al governo, al parlamento e a qualsiasi altro organismo competente, sia su richiesta di autorità interessate, ovvero avvalendosi del proprio potere di auto-riferimento, pareri, raccomandazioni, proposte e rapporti riguardanti tutte le questioni relative alla tutela e alla promozione dei diritti umani. Il decennio che seguirà sarà segnato da una fase di creazione di istituzioni nazionali per i diritti umani in molti altri paesi del mondo. Quindi, al fine di dare credibilità a queste istituzioni nazionali per i diritti umani e rafforzare la loro autonomia, è stata creata nel 1993 la Commissione internazionale di coordinamento delle istituzioni nazionali per la promozione e la protezione dei diritti umani, conosciuta dal 2016 come Alleanza globale delle istituzioni nazionali per i diritti umani, responsabile tra gli altri di garantire l’autonomia delle istituzioni nazionali per i diritti umani attraverso fasi di accreditamento con status concessi secondo criteri ben definiti.

In Senegal, a partire dal 1997, la CSDH, creata per decreto, è diventata un’istituzione con valore legislativo con la legge n. 97-04 del 10 marzo 1997 relativa alla CSDH che istituisce l’INDH rafforzandone la legittimità giuridica. Tre anni dopo l’istituzione ha ottenuto lo status “A” (il più alto nella gerarchia dello status NHRI) con il suo accreditamento da parte del Comitato internazionale di coordinamento delle istituzioni nazionali per i diritti umani.

Tuttavia, e nonostante il valore democratico, con l’alternanza politica avvenuta nel 2000, il CSDH ha perso il suo status “A” nel 2012. Le risorse insufficienti assegnate al CSDH, la mancanza di trasparenza nella designazione dei membri e la mancanza di autonomia sono stati i fattori principali nella retrocessione del CSDH allo status “B”. Poi sono iniziati 12 lunghi anni di lavoro di revisione dei testi, in attesa, sperando in delusioni, di vedere finalmente l’Assemblea Nazionale votare all’unanimità la Legge 03/2024 relativa alla Commissione Nazionale per i Diritti Umani dell’uomo e creare la Commissione Nazionale per i Diritti Umani (CNDH ), in sostituzione del Comitato senegalese per i diritti umani (CSDH).

L’iniziativa di votare questa legge (approvata in Consiglio dei ministri dal precedente governo) portata avanti dai nuovi poteri pubblici, a pochi mesi da un nuovo alternanza democratica e dall’adesione alla carica suprema di un nuovo governo, è un importante passo avanti fatto. Ciò avviene in un contesto di promesse di rafforzamento dello Stato di diritto e di buon governo, in un contesto politico molto carico di manifestazioni di giovani che esprimono le loro aspirazioni, tutte cose che sembrano ricordarci la storia di un promettente ciclo di riforme. Ciò preannuncia senza dubbio una nuova era di rivitalizzazione della tutela fondamentale dei diritti umani per il Senegal, con il massimo beneficio della sua influenza internazionale.

Inoltre, dal rapporto della Commissione nazionale per i diritti umani dell’Assemblea nazionale risulta che, nel suo appello a tale commissione, il ministro della Giustizia, nella sua motivazione, ha indicato che la riforma proposta introdurrebbe le seguenti importanti innovazioni: “- il cambiamento del nome da ”Comitato” a ”Commissione Nazionale” per armonizzarsi con il nome generalmente utilizzato per istituzioni simili a livello internazionale, ma anche per eliminare ogni ambiguità sullo status dell’istituzione perché spesso viene percepita come una organizzazione della società civile denominata Comitato; – il cambiamento della denominazione da “membro” a “commissario”; – l’istituzione di un processo trasparente e pluralistico per la designazione dei membri; – la nomina di commissari a tempo pieno; – rafforzare le garanzie di indipendenza dei commissari; – rafforzare le responsabilità dell’ente in termini di tutela; – rafforzare l’autonomia finanziaria e di bilancio e le risorse dell’istituzione. »

Mentre per l’entrata in vigore di questa riforma si attende lo sviluppo dei regolamenti interni della futura commissione, nonché i decreti che stabiliscono i termini di designazione del Presidente, il Capo dello Stato ha appena annunciato in un’intervista ai media; il suo desiderio di rafforzare la lotta contro la corruzione. Infatti, oltre alla creazione del Pool finanziario giudiziario, la futura assemblea nazionale adotterà quattro nuove leggi: una legge che amplia i soggetti soggetti alla Dichiarazione patrimoniale; una legge a tutela degli informatori; una legge che modifica e rafforza i poteri dell’Ufficio nazionale per la lotta alla frode e alla corruzione – Ofnac; e infine l’adozione del disegno di legge sull’accesso alle informazioni, atteso da tempo dal 2019. I futuri parlamentari hanno quindi già molto lavoro da svolgere, essenziale per rafforzare lo Stato di diritto e il buon governo.

L’effettiva attuazione di queste misure legislative e l’esame da parte del CNDH per l’accreditamento per riconquistare il suo status A rappresentano per il Senegal un nuovo decollo e l’augurio di una migliore speranza per le sue popolazioni a favore della tutela dei diritti umani in un mondo attanagliato da minacce che tendono mettere in discussione le conquiste democratiche.

A nome dell’Ufficio Regionale per l’Africa Occidentale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR-BRAO), mi congratulo quindi con il popolo senegalese, con il suo Capo di Stato e con tutti gli attori che contribuiscono a questi cambiamenti e li incoraggio a proseguire il cammino sforzi in corso. L’OHCHR-BRAO sarà sempre e risolutamente al fianco del Senegal per offrire i suoi servizi di assistenza tecnica e di advocacy al fine di consolidare lo Stato di diritto di cui il Senegal è diventato un riferimento e uno dei migliori studenti del continente.

M. Ayéda Robert Kotchani
Rappresentante regionale dell’OHCHR per l’Africa occidentale

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